Non mi oso pensare! Convegno esperantista a Zakopane

ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale

Naturalmente non era per caso che Suttora si trovava nella Repubblica ceca. In via Val Lagarina l'attività di monitoraggio della linea telefonica del professor Granzotto non dava risultati apprezzabili a causa dell'estrema cautela del barbuto architetto e quando questi diede segni di essere in partenza Suttora si dispose a seguirlo senza lasciarselo scappare, con la speranza che i gentiluomini avessero un sistema per incontrarsi in tempi e luoghi concordati senza confermarsi gli appuntamenti, cosicché fosse lui stesso a tradirli inconsapevolmente conducendoli a loro. I movimenti al piano di sotto lasciavano sospettare un'imminente partenza senza preavviso, ma sufficiente a Vittorio Boselli per avvertire Marco Cappato di non preoccuparsi per la sua assenza, naturalmente con l'effetto contrario al punto che pretendeva di venire anche lui. Suttora si oppose perché Boselli gli stava più simpatico di Cappato, lasciandolo quindi a casa per quasi tutto il resto di questa narrazione, e acconsentì invece volentieri a portare con sè lo scrittore anarchico che in cambio di rendere disponibile l'appartamento aveva puntato i piedi per partecipare all'azione. Tutto sommato avrebbe potuto rivelarsi utile, particolarmente nei pedinamenti in cui aveva dimostrato un'abilità istintiva, con risultati perlomeno superiori a quelli ottenuti da Suttora stesso.

Ma non vorrai mica portarti anche il cane?!

Inorridì Mauro alla vista di Tabar che teneva al guinzaglio Cappato alla stazione centrale, dove Granzotto era già in coda alla biglietteria e dietro di lui un militante milanese del Pd con l'incarico di acquistare due biglietti per la stessa destinazione, qualunque essa fosse stata. La destinazione risultò essere Vienna e Cappato con Tabar vennero portati a casa dal militante milanese del Pd, Emiliano Silvestri. Vestito in un completo da uomo d'affari e rasato alla perfezione, Vittorio Boselli aveva acquisito un aspetto vagamente civile, mentre Suttora si era lasciato crescere la barba di una settimana. Sulla Freccia delle dolomiti provarono con successo le radio ricetrasmittenti dissimulate da lettori portatili LR5 e in meno di tre ore erano già a Udine grazie al nuovo tratto veloce che da Vicenza tagliava fuori Padova e Mestre. Col Gondoliere il secondo tratto nelle alpi fu naturalmente più lento ma piacevolmente scenico e lo trascorsero abbuffandosi di deliziosi salumi e formaggi nel vagone ristorante ungherese. Suttora era convinto che Vienna non fosse la destinazione ma solo una tappa del criminale comunista esperantista e sperava proprio che proseguisse per Budapest, semplicemente perché lui stesso non ci andava da oltre vent'anni, durante i quali non aveva mai cessato di provare un po' di nostalgia per una fidanzata particolarmente troia.

Nella capitale austriaca faceva bel tempo e Granzotto preferì passeggiare per un paio d'ore apparentemente senza meta nel centro della città, come sempre d'estate magnificamente in fiore, anziché servirsi della metropolitana per spostarsi dalla stazione Sud alla Ovest, con grande sollievo della nostra coppia i cui talkman non avrebbero funzionato sotto terra. Boselli pedinava Granzotto più da vicino comunicando con Suttora e quando a entrambi fu finalmente chiaro dove si stesse dirigendo, poterono precederlo a prendere due biglietti sul treno notturno per Praga. Giunti a destinazione il mattino seguente, a Hlavni Narazi scoprirono che una donna aveva viaggiato con Granzotto nel vagone letto. Si trattava dell'unica donna presente alla riunione comunista di Sofia. Suttora non poteva saperlo, ma rispondeva al nome di Martina Szikora, era di nazionalità austriaca e risultava elencata nella stessa lista nera tenuta aggiornata dal dipartimento di stato americano per i servizi segreti dei paesi NATO. Szikora scese verso il deposito bagagli mentre Granzotto rimase a gironzolare nell'atrio della stazione. Avevano pochi secondi per decidere: bastò un'occhiata d'intesa per accordarsi separandosi silenziosamente, lo scrittore anarchico depilato appiccicato al suo vicino di casa e l'agente segreto privato sulle orme di Szikora nella metropolitana, linea C, direzione Haje.

All'estrema periferia sud-orientale, il Business hotel aveva conosciuto tempi migliori e a dispetto del nome al giorno d'oggi ospitava prevalentemente giovani turisti stranieri dal budget limitato e l'occasionale assemblea di piccoli imprenditori e associazioni di categoria in puttan-tour all'estero. Quando Olivier e Michel ne varcarono l'ingresso furono sopraffatti dalle urla e il generale scompiglio. Al pianterreno, di fianco alla reception, di uno degli ascensori grandi come montacarichi si erano aperte le porte scorrevoli a rivelare il cadavere di Szikora con la testa piegata in una posizione innaturale. Poche decine di metri più in là altre porte scorrevoli si chiusero alle spalle di Suttora sul treno della linea C che sperava lo riportasse a Hlavni Narazi in tempo per trovarvi ancora Vittorio Boselli, ma alle calcagna di Granzotto questi era già in viaggio verso nord, dove a mille metri sul livello del mare Zakopane era la più alta cittadina polacca, e anche la più meridionale.

Era stato un remoto villaggio fino a quando nell'ottocento i monti Tatra divennero di moda con il romanticismo e si sviluppò come località di villeggiatura dove si stabilirono pittori, musicisti e scrittori del calibro di Wyspianski e Witkiewitcz. Di questi due Stanislaw della letteratura polacca, certamente Olivier preferiva l'Instabilità del secondo, suicidatosi il giorno dell'invasione sovietica della Polonia nel 1939, con le sue comiche e brutali lussurie, la sua indulgenza psicotropa nella satira contro il piano bolscevico di dominare il mondo, la sua fascinazione per i pezzi astratti di metafisica estetica che sembravano quasi materializzarsi nella lavorazione del legno della Willa Atma e della Willa Koliba progettate dallo stesso autore, e che le ispiravano un patafisico liricismo mentre fingeva di ascoltare i relatori del convegno disquisire amabilmente in esperanto. Prese nota:

Il sebaceo subaqueo si tolse un salmone sconcertato dal viso inciampando sulla carmelosalma della vedova...

Contrariamente a quanto ci si sarebbe potuti aspettare, lo scrittore polacco preferito da Olivier Dupuis non era Adam Mickievics, il celebrato poeta radical-populista che aveva ispirato scrittori e leader politici rivoluzionari, né il premio Nobel Czeslaw Milosz con il suo magistrale studio della corruzione del pensiero comunista. Era invece un tale Korzeniowski meglio conosciuto come Joseph Conrad - che i polacchi non consideravano più polacco di quanto i bulgari considerassero bulgaro Canetti -, tanto che ai suoi amici più cari, in prossimità dei rispettivi compleanni, non restava da chiedersi se di un Nostromo o di un Agente segreto si sarebbe trattato, che' comunque senza dubbio in un libro di Conrad il regalo sarebbe consistito. Tanto li univa il comune amore per l'autore formatosi nella tradizione letteraria anglo-americana quanto li distanziava - e aveva provocato il loro primo litigio la sera precedente -, l'interesse di Olivier per l'esperanto, che Michel non aveva mai potuto soffrire. L'esperanto era la ragione per la quale Olivier si trovava a Zakopane ad un convegno per onorare doverosamente il paese del suo inventore Zamenhof, il quale però forse non avrebbe gradito come la lingua universale fosse stata strumentalizzata dai regimi comunisti in chiave anti-americana contro la lingua imperialista inglese. Dupuis non si poteva certo sospettare di avere nutrito simpatie per quei regimi - tutta la sua vita dimostrava il contrario -, ma non ne aveva mai provata troppa neppure per l'inglese: Conrad lo regalava in francese o in italiano.

Fatto sta che all'albergo Kasprowy a Gubalowka, in una magnifica posizione panoramica a pochi chilometri di autobus da Zakopane, l'età media dei partecipanti al convegno esperantista al quale Olivier era stata invitato a portare il saluto era ben oltre i settant'anni. Per tanti giovani dei paesi dell'est l'apprendimento dell'esperanto e l'appartenenza a una organizzazione esperantista aveva rappresentato uno dei pochi modi per ottenere un visto di uscita e poter visitare qualche paese occidentale. Però con la caduta del comunismo il visto di uscita non era più necessario e il problema era piuttosto diventato come entrarci, nei paesi occidentali: a tal fine l'inglese si era rivelato più utile dell'esperanto. Gli esperantisti invecchiarono con l'amarezza comune a quanti avevano vissuto gran parte delle loro vite credendo in buona fede nella bugia del comunismo, e lentamente si estinsero. Uno di essi, un ottantaquattrenne che aveva viaggiato dalla località sciistica romena di Poiana Brasov, in Romania, si spense per arresto cardiaco durante i lavori del convegno. Vani si dimostrarono i tentativi di rianimarlo da parte di Mihai Romanciuc, e ci furono momenti di tensione dovuti alla fama che si portava dietro Olivier dopo gli attentati in Bulgaria, ma il decesso fu presto ricondotto dal medico legale a cause naturali, per quanto all'insaputa di quasi tutti si aggirassero effettivamente nell'albergo alcuni inquietanti personaggi che di quegli attentati erano stati tra i mandanti, nonché il loro efferato esecutore materiale.

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