Alessandro Tessari, UNA FAVOLA NUCLEARE

3. L’OSTRUTTORE

La finezza di quella circonlocuzione aveva fatto scomparire sul nascere ogni sospetto che si trattasse di soldi da distribuire, così come quel richiamo così domestico alle centrali elettriche aveva allontanato i timori si un salto troppo repentino verso il futuro nucleare. Tutti i commissari si compiacquero anzi che, a questo proposito, il presidente dell’ENEL si fosse fatto parte diligente di questa preoccupazione. Aveva mandato, infatti, a tutti gli utenti, assieme alla bolletta della luce, anche una letterina in cui si faceva capire, senza dirlo apertamente, che la bolletta della luce sarebbe calata quanto più fosse cresciuto il nucleare. Per il momento era prematuro parlare di nucleare all’italiano medio. Importante era insinuargli questa convinzione rassicurante, di un nucleare prossimo venturo e comunque carico di doni.

Il solo ostruttore non apprezzò questo elegante pedagogismo promozionale dell’ENEL. Un giorno, anzi, incontratone il presidente nell’aula della Commissione, aveva rovesciato sul medesimo una quantità di parolacce da far arrossive le stenografe che hanno il compito di trascrivere tutto quello che i commissari dicono. Era stato da pochi minuti raggiunto l’accordo sul titolo della legge e si notò nell’aula della Commissione un generale trambusto. Sembrava che una preoccupazione, tra tutte, avesse preso i commissari: scoprire chi erano i fortunati vincitori della lotteria che si stava allestendo.

Per la prima volta i capannelli che si formano generalmente in questi frangenti non attraversavano indistintamente tutti i partiti. Sulla scelta nucleare, infatti, non c’erano mai stati dissensi o differenze tra la maggioranza e tutte le opposizioni, quelle serie. Da questo corale consenso restava fuori il solo ostruttore che, a ben vedere, non poteva essere considerato un’opposizione seria. Si poteva notare che quel naturale movimento di teste, che si incrocchiano spontaneamente in un angolo della sala o nell’altro, come fanno le onde del mare quando tira il vento, questa volta avveniva in maniera selettiva.

Le teste della maggioranza sciabordavano da un lato, attorno al loro scoglio più autorevole, così per le opposizioni. Uso qui “opposizione” come un nome d’arte per quei partiti che non fanno parte della maggioranza ma che si guardano bene dal far cadere la maggioranza medesima. Dallo sciabordio della maggioranza esce un filo di voce lamentoso che appena si percepisce: ma non son quasi tutti comunisti, questi sindaci nucleari! Inaudito!

I comunisti, dando prova di fair play, fanno finta di non sentire. Il relatore azzarda un emendamento guardando titubante i comunisti i quali, serafici, guardano lontano. Il loro leader, la barbetta curata tutta sale e pepe, sta accendendosi la pipa di radica e scherza amabilmente con i suoi. In pratica la maggioranza vorrebbe che i soldi andassero non solo ai comuni, un po’ troppo comunisti, che ospitano le centrali ma anche a quelli contigui che sono, almeno in parte, di centro-sinistra. Tutti, con un significativo silenzio, fanno mostra di considerare così ovvia la cosa da non meritare che se ne parli neppure. Forse – azzarda gattopardesco e distratto qualcuno – “contiguo” è termine fin troppo rigido. Troppo restrittivo – prorompe quello che non si dovrebbe mai portare nei salotti per bene – lascia fuori troppa gente. Qualche colpetto di tosse. Si concorda su “limitrofi”. Limitrofo vuol dire vicino e non necessariamente contiguo. Consente una certa elegante discrezionalità.

Si arriva così al punto più crudo, quello della quantificazione del denaro. A cosa ancorare l’erogazione del contributo? Ai “chilowattora” prodotti, suggerisce qualcuno. Un certo numero di teste si addensa attorno a un telefono. D’oltrefilo viene un suggerimento: meglio ancorarli ai “chilowatt” di potenza installata. Nell’angolo della sala dove s’attruppano i commissari che non sanno stare a tavola, si sente forte: con queste centrali del cacchio che stanno sempre ferme, hai voglia a contare i soldi sui chilowattora prodotti. Ancorandoli alla potenza nominale degli impianti, i soldi ce li hai comunque, anche se la centrale sta ferma. La parte educata della Commissione, mostrando un inequivocabile disprezzo per simili espressioni, in un soffio azzurrino che esce dalla pipe accarezzate da mani ben curate, sussurra come cosa fatta: ma sì, non creiamo contenziosi inutili: i soldi si diano e “per chilowattora prodotti” e “per potenza installata”. Si passi ad altro.

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