Alessandro Tessari, UNA FAVOLA NUCLEARE

10. EPILOGO

Alla ripresa dei lavori, il relatore per la maggioranza, con solenne compunzione, ringrazia l’ostruttore per quel richiamo alla “393”. Se non fosse stato per la sua straordinaria memoria la Commissione avrebbe corso il rischio di dare due volte il contributo statale a certi comuni in cambio dello stesso “disagio”, per usare una parola che sintetizzi tutte le seccature cui va incontro un comune che generosamente offra la sua ospitalità ad una centrale. Mentre un contenuto senso di apprezzamento si poteva leggere sul volto di molti commissari, qualcuno anche annuente all’indirizzo dell’ostruttore, la voce impassibile del segretario dava lettura del testo che tutti speravano, almeno per questo comma, avrebbe avuto il consenso unanime della Commissione: “L’individuazione dei comuni destinatari dei contributi e la ripartizione del contributo tra gli stessi, nenché l’accertamento della sussistenza dei requisiti per l’erogazione dei contributi previsti dall’articolo 15 della legge 2 agosto 1975 n. 393, sono disposti con decreto del presidente della giunta regionale”.

L’ostruttore, che almeno per una volta sperava di poter votare normalmente come tutti gli altri, senza essere sempre costretto a opporre la sua diversità, tentò di dire che quella dicitura non solo non impediva affatto al presidente della giunta di dare il doppio contributo ma addirittura lo autorizzava: fu sommerso da un coro di “ma non sei mai contento!”, “ma tu hai dei problemi”, “ma che diamine!”

Mentre i commissari procedevano compatti alla votazione, una voce dal fondo, canzonatoria, apostrofò l’ostruttore: ma ti pare che un presidente di giunta regionale dia due volte i soldi a un sindaco? Eh, eh, bisognerebbe che fosse del suo partito, della sua corrente, della sua sottocorrente… e questo, in termini di probabilità, è davvero molto, ma molto, poco probabile.

Al tempo in cui si svolsero le fantasie di cui parlo la nube di Chernobyl non aveva ancora fatto il giro del pianeta per cui tutti i commissari, ad eccezione dell’ostruttore, una fresca mattina di novembre, traendo dal profondo del cuore un sospiro, votarono a favore della legge. Nessuno ricordava bene chi fosse stato il primo a dire che votare per il nucleare voleva dire votare per la scienza, per la ragione, per il progresso, così tutti avevano ripetuto quel concetto convinti che l’unanimità fosse quasi sinonimo di verità.

La presenza dell’ostruttore era da tutti considerata ininfluente ai fini di quello che doveva ritenersi, comunque, un voto un animistico. Eppoi in fondo che cosa mai può rappresentare quell’unico voto contrario alla legge, a petto dei 27 voti favorevoli di tutto lo schieramento politico? Anzi qualcuno insinuò che l’ostruttore non avrebbe nemmeno potuto partecipare materialmente al voto, quella mattina del 10 novembre 1982. dopo tanti mesi di permanenza sulla sua sedia si era come amalgamato con essa. Si era fuso e confuso nell’arredo della bella stanza della Commissione. Quell’unico voto contrario forse gli è stato concesso alla memoria. Ma che fosse puramente simbolico si evinse dal fatto che dopo di allora nessuno parlò più di quella legge e soprattutto si cancellò il ricordo che qualcuno potesse essersi mai opposto a una legge così sintonicamente proiettata sul futuro più radioso dell’umanità.

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