CAPPATO – Il quadro sarebbe completo nella sua ingenuità. Per l’amore di Dio, signor Pannella, lasciate stare quel guanto: avete l’aria di un borsaiolo.

(Entra la moglie di lui. Una donna d’affari, ben vestita, robusta, dal collo taurino, ma con occhi tardi e una bocca credula. Ha l’aria preoccupata, ma non si mostra di cattivo umore).

BONINO – Salve! Credevo che foste tutti e due al teatro.

PANNELLA – Stavo in pensiero per te, Emma. Perché non sei tornata a pranzo?

BONINO – Un biglietto di Giorgino che mi pregava di passare da lui.

PANNELLA – Povero, caro Giorgino. Mi dispiace che non mi sia stato possibile andarlo a trovare questa mattina. Spero che non gli sia accaduto niente di male.

BONINO – No: è soltanto preoccupato per il bene mio… ed il tuo. (esso lancia un’occhiata atterrita a Marco).

CAPPATO – (sostenuto). Sono ai vostri ordini…

BONINO – Non c’è premura; basterà quando tornate dal teatro.

PANNELLA – Abbiamo deciso di non andarvi.

BONINO – Davvero? Allora possiamo passare nel mio studio.

PANNELLA – Non occorre. Io vo a riporre i miei brillanti, già che non vado al teatro. Porgimi quelle cose (accenna al tavolo).

BONINO – (dandogli scialle e specchietto). Bene, ora avremo più spazio.

CAPPATO – (guardandosi intorno e scrollando le spalle). Credo che preferirei abbondanza di spazio.

BONINO – Dunque se non ti disturbo, Giacy?

PANNELLA – Nient’affatto. (esce. Quando i due sono rimasti soli, Bonino estrae lentamente dalla tasca interna della giacca le poesie di Marco e le guarda attentamente, poi con lo sguardo fa cenno a questi che si avvicini a vederle. Marco si rifiuta di capire e si dà, quanto più può, l’aria disinvolta).

BONINO – posso domandarvi se riconoscete come vostri questi manoscritti?

CAPPATO – Manoscritti?

BONINO – Sì. Vorreste vederli più da vicino? (li mette sotto il naso di Marco che si finge improvvisamente illuminato da una lieta sorpresa).

CAPPATO – Ma sono le mie poesie!

BONINO – Pareva anche a me.

CAPPATO – Oh! Che vergogna che ne provo! E il signor Pannella ve le ha mostrate! Mi avrete giudicato gran somaro. Le scrissi anni addietro, dopo aver letto i “Canti prima dell’alba” di Swinburne; non potevo darmi pace se non infilavo anch’io una collana di versi all’alba coi suoi giacinti che si schiudono, e il giacinto… sapete, il giacinto dalle dita di giacinto nel pugno. Trattano tutti del giacinto. Quando il signor Pannella mi disse che il suo nome era Giacinto, non potei resistere alla tentazione di presentarglieli perché li leggesse. Ma non avevo previsto che sarebbero caduti sotto la vostra scettica critica.

BONINO – (sogghignando). Cappato: date veramente prova di molta prontezza di spirito. Siete nato per la letteratura, e verrà il giorno in cui Giacy ed io saremo orgogliosi di avervi avuto per casa. Ma vi credevo meno ingenuo…

CAPPATO – (fingendo grande sorpresa). Vorreste dire che non mi credete?

BONINO – Speravate di essere creduto?

CAPPATO – Perché no? Non capisco.

BONINO – Andiamo! Fate torto alla vostra intelligenza, Cappato. Credo che mi capite molto bene.

CAPPATO – Vi assicuro che non riesco affatto a capire ciò che volete dire. Non potreste essere un po’ più esplicito?

[10 di 14. continua]

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