Il cappaticidio come una delle belle arti
(liberamente
ispirato a Thomas De Quincey)
Seconda
memoria. Parecchi anni or sono, il lettore può ricordarsene, mi sono presentato
qui come dilettante di cappaticidio. Forse dilettante è una parola troppo grossa. Conoscitore piacerà di più agli scrupoli
e alla debolezza del gusto generale. Credo almeno che non ci sia nessun male in
questo. Nessuno è obbligato a mettersi gli occhi, le orecchie e l’intelligenza
nella tasca dei calzoni quando s’imbatte in un cappaticida. A meno d’essere in stato comatoso, credo che si vedrà
che un detto cappaticidio è migliore
o peggiore di un altro, almeno dal punto di vista del buon gusto. I cappaticidi, come i quadri, le statue,
gli oratorii, i cammei, gli intagli e altro ancora, hanno le loro piccole
differenze. Si può essere in collera con un uomo perché parla troppo, o troppo
pubblicamente; ma bisogna in ogni caso permettergli di pensare. Ebbene, lo
credereste? Tutti i miei vicini di casa avevano sentito parlare di quei piccoli
saggi di estetica cappaticida che
avevo pubblicato su questo blog e, disgraziatamente, poiché avevano sentito
parlare anche di un partito di cui facevo parte, e di un pranzo che ho
presieduto, sparsero sul conto mio le più barbare calunnie. Specialmente dicevano
di me che avevo offerto dei premi per i cappaticidi
ben studiati, con tutto un sistema di ritenute personali in caso di errori
o di vizi, conformemente a un quadro comunicato ai miei amici personali.
Ora,
permettete ch’io vi racconti tutta la verità riguardo al partito e al pranzo, e
vedrete com’è maligno il mondo. Ma prima di tutto, in confidenza, permettetevi
di dirvi quali sono veramente i miei principi sulla questione.
Per quanto
riguarda il cappaticidio, mai in
vita mia ne ho commesso uno solo. È una cosa ben nota ai miei amici. Potrei
mostrare un certificato per attestarlo, firmato da una quantità di gente. E
dubito che molte persone potrebbero mostrare un certificato più forte. Il mio
sarebbe grande come una tovaglia. C’è tuttavia un socio, che ha l’ostentazione
di dire che una notte al partito mi sorprese mentre mi prendevo troppa libertà
con la sua gola, quando tutti se n’erano andati. Soltanto, notate bene, fa
scivolare la sua storia secondo il suo stato di chiarezza mentale. Quando non
ha bevuto troppo, si acconsenta di dire che mi sorprese a sbirciare la sua
gola, che rimasi immalinconito per parecchie settimane di seguito, e che la mia
voce risonava in maniera da esprimere alle orecchie delicate d’un conoscitore il sentimento dell’opportunità perduta.
Tutto il partito
sa ch’egli è un uomo deluso, e che parla talvolta lamentosamente della fatale
negligenza d’un uomo venuto senza arnesi. E poi tutto ciò è un affare fra due
amatori, e ognuno scusa, in tal caso, qualche piccola severità e qualche
menzogna.
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continua]
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