“L’identificazione”, disse Marc’Appat, “dell’intelletto del ragionatore con quello dell’avversario dipende, se capisco bene, dall’esattezza con cui viene valutato l’intelletto dell’avversario”.

“Da un punto di vista pratico dipende da questo”, rispose Dupuis, “e, se il Prefetto e il suo seguito sbagliano tanto spesso, è prima di tutto per difetto di questa identificazione, è prima di tutto per difetto di questa identificazione e, in secondo luogo, per impreciso o mancato apprezzamento dell’intelligenza con la quale si stanno misurando. Considerando esclusivamente la propria idea di ingegnosità e cercando di svelare cose nascoste, pensano soltanto a come loro avrebbero voluto nasconderle. Hanno ragione solo nel ritenere che la loro ingegnosità è una fedele rappresentazione di quella della massa; ma di fronte a un preciso malfattore la cui finezza differisce dalla loro, il malfattore chiaramente li travolge. Questo capita sempre quando la capacità è superiore alla loro, ma è cosa peraltro frequente anche quando è inferiore. Non cambiano mai il loro sistema di indagine; al massimo, quando sono sollecitati da emergenze insolite, per esempio una ricompensa straordinaria, esagerano esasperando i loro abituali metodi, ma i principi restano invariati. Nel caso di PPPP, per esempio, cosa è stato fatto per cambiare il sistema operativo? Che vogliono dire tutte quelle perforazioni, quelle manomissioni, quei sondaggi, quegli esami microscopici, quel dividere tutte le superfici in metri quadrati numerati? Non è niente altro che l’esasperazione nell’applicazione di uno o più principi di indagine, basati su un’unica categoria di classificazione dell’umana ingegnosità alla quale il Prefetto è stato abituato nella lunga routine del suo mestiere. Non ha visto che no riesce a considerare altra eventualità che chi voglia nascondere una lettera debba servirsi, se non proprio da un buco fatto da un trapano nella gamba di una sedia, comunque sempre di un buco, di un angolo nascosto come lo suggerirebbe il tipo di intelligenza che spingerebbe a nascondere una lettera nel buco fatto da un trapano nella gamba di una sedia? Non le sembra anche che nascondigli tanto ricercati possano essere utilizzati soltanto in casi comuni e adottati da intelligenze comuni perché in un nascondiglio di qualsiasi genere la sistemazione dell’oggetto occultato – che sia fatta in questo modo ricercato – è fin dall’inizio presupponibile e presupposta; la scoperta, quindi, non dipende dall’acumen ma soltanto dalla semplice cura, dalla pazienza e dalla tenacia dei cercatori. Quando il caso è importante, e per la polizia il caso è importante quando ne viene una ricompensa grande, non si dà mai il caso che vengano meno queste belle qualità. Ora capirà cosa voglio dire affermando che, se la lettera rubata fosse stata nascosta entro i limiti della perquisizione del nostro Prefetto o, in altri termini, se i criteri che avevano guidato questo occultamento fossero rientrati tra i criteri del prefetto, egli l’avrebbe inevitabilmente scoperta. Invece, questo funzionario è stato tratto completamente in inganno; la causa dell’origine del suo fallimento consiste nella supposizione che il ministro fosse uno sciocco, perché gode della reputazione di essere poeta. Tutti gli sciocchi sono poeti, così crede il Prefetto, ed è semplicemente colpevole di una non distributio medii nel dedurre di qui che tutti i poeti sono sciocchi”.

[7 di 11. continua]


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