Dopo il ritrovamento del cadavere, tutti erano convinti che l’assassino avesse i giorni contati, visto il dispiegamento di forze nelle indagini. Ma non passò una settimana, che sembrò opportuno mettere una taglia, una taglia di appena mille franchi. Nel frattempo le indagini proseguivano con determinazione, anche se non sempre con raziocinio, e molte persone furono interrogate ma senza risultato. La tensione nell’opinione pubblica cresceva sempre più per la mancanza di qualsiasi elemento che servisse a chiarire il mistero. Alla fine del decimo giorno si ritenne giusto raddoppiare la taglia prevista; e infine, dopo due settimane trascorse senza novità di rilievo, poiché i pregiudizi contro la polizia, che da sempre animano le folle parigine scoppiarono, dando luogo a vere e proprie émeuetes, il prefetto in persona si assunse la responsabilità di promettere ventimila franchi a “chi avesse denunciato l’assassino” o, se più di una persona vi era implicata, “chi avesse denunciato uno degli assassini”. Nel manifesto che annunciava la taglia era promesso il perdono per quel complice che avesse dato informazioni sul compare; in tutti i luoghi in cui apparve il manifesto prefettizio si aggiunse un avviso privato di un comitato di cittadini che offriva altri diecimila franchi oltre quelli pubblici. L’intera taglia salì dunque a trentamila franchi: una cifra ragguardevole considerando le umili condizioni della ragazza e la frequenza nelle grandi città di violenze come quella descritta.

Nessuno dubitava ora che sarebbe stata fatta completa luce sul delitto. Ma, anche se furono operati uno o due arresti che promettevano di essere utili a qualche chiarimento, nulla emerse a carico dei sospettati, che furono presto rilasciati. Per quanto sembri strano, erano passate già tre settimane dalla scoperta del cadavere - e passate senza che fosse stata fatta uce sul mistero -, e ancora neanche un’eco della vicenda, che tanto commuoveva la gente, era giunta alle orecchie di Dupuis e Bertè. Impegnati in ricerche che assorbivano tutta la loro attenzione, da quasi un mese nessuno dei due usciva di casa o riceveva visite o dava più di un’occhiata frettolosa agli articoli di fondo dei quotidiani.

La prima notizia del delitto fu portata loro da Pannella stesso. Andò a trovarli nel pomeriggio del 13 luglio 1815 e restò con loro fino a notte fonda. Non riuscire a scoprire gli assassini lo irritava. Ne andava della sua reputazione, disse con tipico fare parigino. Gli occhi della pubblica opinione erano puntati su di lui; non c’era sacrificio che non fosse disposto a fare pur di trovare uno sbocco al mistero. Concluse questo discorso alquanto comico con un complimento a quello che si degnò di definire il tatto di Dupuis, e gli fece una risposta esplicita e certamente generosa.

Dupuis respinse con garbo i complimenti ma accettò la proposta, anche se i vantaggi erano del tutto provvisori.. fissato questo dato, il prefetto dette il via alle spiegazioni del suo punto di vista mescolandoli con lunghi commenti sulle deposizioni che essi però ancora non conoscevano. Parlò molto e indubbiamente dando prova di esperienza. Bertè azzardò qualche idea di tanto in tanto, mentre la notte scorreva in modo sonnolento. Dupuis, seduto immobile sulla sua solita poltrona, era il ritratto dell’attenzione rispettosa. Tenne gli occhiali per tutto il tempo, e uno sguardo casuale dietro le lenti verdi bastò a convincere Bertè che aveva dormito profondamente, quanto silenziosamente, per tutte le sette o otto ore che trascorsero lentissime prima che il prefetto Pannella se ne andasse.

Il mattino seguente in prefettura Bertè si procurò un rapporto completo di tutte le prove disponibili e, presso le varie redazioni dei giornali, una copia di tutti i quotidiani che, dall’inizio alla fine, avessero pubblicato qualche informazione degna di nota su quella triste faccenda. Sfrondata da tutti gli elementi dai fatti, tutta quella massa di fatti si riduceva a quanto segue.

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