“Questa voce”, proseguì
Dupuis, “doveva perciò essere molto insolita e strana, per poter dar luogo a
simili testimonianze! Una voce, nel cui accento cittadini delle cinque nazioni
più importanti d’Europa non hanno potuto riconoscere toni familiari! Potrebbe
obiettarmi che poteva trattarsi della voce di un asiatico o di un africano. Ma
africani ed asiatici non abbondano a Parigi; senza negare questa possibilità,
richiamerò la sua attenzione su tre punti. Un testimone descrive la voce ‘più
aspra’ che stridula. Due altri ne parlano come di una voce ‘precipitosa e
discontinua’. Questi testimoni non hanno riconosciuto nessuna parola, nessun
suono simile a una parola. Non so quale effetto sia riuscito a provocare sul
suo intelletto; ma io non esito ad azzardare che si possono tirare delle
legittime deduzioni già da questa parte di deposizioni – la parte relativa alle
voci, intendo, la voce rude e la voce stridula – conclusioni sufficienti in sé
per far sorgere un sospetto che potrebbe indicare su quale strada proseguire le
indagini per giungere alla soluzione del mistero. Ho detto ‘legittime
deduzioni’, ma non ho espresso appieno il mio pensiero. Volevo dire
implicitamente che queste deduzioni sono le sole pertinenti e che il sospetto
ne emerge come l’unico risultato possibile. Tuttavia non le rivelerò subito di
quale natura sia questo sospetto. Desidero semplicemente dimostrarle che un
sospetto simile è bastato a dare un carattere preciso, una direzione chiara
all’indagine nella stanza. Trasferiamoci con la fantasia in quella stanza. Che
cosa cercheremo in primo luogo? In che modo gli assassini ne siano usciti. Non
è azzardato dire che né io né lei crediamo a eventi soprannaturali. Madame e
Mademoiselle Rodriguez non sono state uccise dagli spiriti. Gli autori del
duplice omicidio sono esseri materiali e materialmente ne sono usciti. Ma come?
Per fortuna c’è un solo ragionamento possibile in proposito. Un solo metodo che
ci deve condurre a una conclusione esplicita. Esaminiamo uno per uno i
possibili modi di fuga. Chiaramente gli assassini erano nella stanza in cui è
stata trovata Mademoiselle Rodriguez, o almeno nella stanza attigua, mentre la
gente si precipitava su per la scala. Le vie d’uscita le dobbiamo dunque
cercare solo in queste due stanze. La polizia ha sollevato i pavimenti,
scandagliato le assi del parquet, i soffitti, le pareti da tutte le parti. Se
c’era un’uscita segreta non gli sarebbe sfuggita. Ma non mi sono fidato dei
loro occhi e ho voluto controllare con i miei: non c’è nessun passaggio
segreto. Le due porte d’accesso alle camere erano solidamente chiuse
dall’interno a chiave. Vediamo i camini. La loro grandezza di 8-10 piedi di
altezza al di sopra del focolare è normale. Ma oltre si va restringendo fino in
cima, tanto che non riuscirebbe a passarci neanche il corpo di un grosso gatto.
Dimostrata l’impossibilità di uscire almeno per le vie succitate, ci restano da
esaminare le finestre. Nessuno poteva fuggire da quella che si affaccia sulla
strada senza essere visto dalla folla radunata fuori. Gli assassini devono
essere scappati da quella posteriore. Ora, essendo obbligati ad accettare
questa conclusione in forza di ragioni irrefutabili, non abbiamo il diritto di
repingerla, in quanto esseri raziocinanti, soltanto per la sua apparente
impossibilità. Dobbiamo perciò dimostrare che questa apparente ‘impossibilità’
in realtà non esiste. Nella stanza ci sono due finestre. Una delle due non è
ostruita da mobili, ed è rimasta interamente visibile. La parte inferiore
dell’altra è nascosta dalla testiera del letto, che è ingombrante e che vi è
poggiato contro. È stato riscontrato che la prima era saldamente chiusa
dall’interno, e ha resistito a tutti gli sforzi di quelli che hanno tentato di
sollevarla. Era stato fatto con un trapano un grande buco nel telaio, a
sinistra, e vi è stto trovato infisso fino alla capocchia un grosso chiodo.
Esaminando l’altra finestra, vi è stato trovato un chiodo simile, conficcato
allo stesso modo; un serio sforzo per sollevare il telaio non ha avuto più
successo del precedente. Questo bastò a convincere la polizia che nessuna fuga
potesse essere avvenuta per questa via. Sembrò perciò superfluo estrarre i
chiodi e aprire le finestre. La mia indagine fu più minuziosa per il motivo che
le dicevo poco fa. Perché qui si doveva dimostrare che l’impossibilità era
soltanto apparente. Continuai a ragionare in questo modo: a posteriori. Gli
assassini dovevano essere fuggiti da una di quelle finestre. Se così era, non
potevano avere richiuso i telai dall’interno come erano stati trovati;
considerazione tanto evidente da bloccare a questo punto le indagini della
polizia. Eppure quei telai erano bloccati. Dovevano dunque potersi richiudere
da soli. La conclusione era inevitabile. Mi diressi alla finestra non ostruita,
estrassi con qualche difficoltà il chiodo e tentai di forzare il telaio. Come
mi aspettavo, resistette a tutti i miei sforzi. Dunque c’era una molla
nascosta; la conferma di questo fatto mi convinse almeno della giustezza delle
mie premesse, per quanto continuasse a sembrarmi misteriosa la questione dei
chiodi. Una minuziosa ispezione mi fece ben presto scoprire la molla segreta.
La spisi e soddisfatto della mia scoperta, mi astenni dall’alzare il telaio.
Rimisi il chiodo al suo posto e l’esaminai attentamente. Una persona che fosse
passata dalla finestra avrebbe potuto richiuderla e la molla sarebbe scattata;
però sarebbe stato impossibile rimettere il chiodo al suo posto. Era una
conclusione inequivocabile e restringeva il campo d’indagine”.
[7 di 12. continua]
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