“Qui vorrei osservare”, proseguì Dupuis, “che molte di quelle prove che i tribunali respingono sono per l’intelletto le migliori delle prove. Il tribunale è guidato dal criterio delle prove – secondo principi riconosciuti e codificati -, ed è contrario a deviare da questa linea nell’esaminare casi particolari. Questa rigida aderenza al principio, insieme al rigido disprezzo delle eccezioni in conflitto, è un modo sicuro di conseguire il massimo di verità conseguibile, in un lungo arco di tempo. La pratica, complessivamente, è filosofica: non per questo garantisce da vistosi errori individuali. Come scrive Landor…”

Una teoria basata sulle qualità di un oggetto non si svilupperà secondo i suoi oggetti; chi classifica gli argomenti secondo le cause non può più valutarli secondo i risultati. Così la giurisprudenza di ogni nazione mostra che la legge, quando diventa scienza e sistema, smettere di essere giustizia. Gli errori in cui il cieco rispetto dei principi di classificazione ha spinto il diritto comune, appariranno se si considera quanto spesso il potere legislativo è dovuto intervenire per ripristinare l’equità che il suo schema aveva perduto.

“Quanto ai sospetti su Tosoni, basterà un soffio a cancellarli. Credo che lei abbia capito il vero carattere del brav’uomo; direi che è un ficcanaso con molto romanticismo e poca intelligenza. Quando si è così, ci si comporta subito, ogni volta che una situazione è veramente eccitante, in modo da mettere in sospetto i saputoni o i malevoli. Come lei annota nei suoi appunti, Tosoni ha incontrato il direttore de L’Etoile e lo ha offeso perché si ostinava, contro il suo parere, a credere che il cadavere fosse proprio quello di Daria. ‘Costui insiste – dice il giornale – nell’asserire che il cadavere sia quello di Daria, ma non sa fornire dati di fatto, oltre quelli già da noi commentati, per convincere gli altri’. Ora, a parte che prove più schiaccianti ‘per convincere gli altri’ non avrebbero potuto esserci, mi interessa sottolineare che in casi del genere si può essere personalmente convinti e non sapere trovare ragioni che convincano gli altri. Niente è più vago delle impressioni sulla identità individuale. Ognuno sa riconoscere il proprio vicino di casa ma in molti casi non sa dare una ragione del perché lo riconosce. Il direttore de L’Etoile non aveva il diritto di sentirsi offeso per questo convincimento irriflessivo di Tosoni. Le circostanze sospette che lo coinvolgono sono da mettere in relazione con la mia ipotesi di una sua natura di romantico ficcanaso che non con le insinuazioni di colpevolezza del nostro ragionatore Suttora. Se si accetta questa interpretazione indulgente, non sarà difficile capire quella rosa nel buco della serratura, il nome Daria scritto sulla lavagnetta, il fatto di ‘essersi sbarazzato di tutti i parenti maschi’ e l’essere contrario ‘a ogni tentativo dei parenti di vedere il cadavere’, l’avvertimento a Madame Bandinelli di non parlare con il gendarme senza che lui, Tosoni, fosse tornato e infine la sua decisione ‘che nessuno oltre lui può occuparsi dell’indagine’. Mi sembra chiaro che Tosoni fosse uno degli spasimanti di Daria e che lei civettava con lui; Tosoni ci teneva a farsi credere un suo amico e confidente. Su questo punto non aggiungerò altro; visto che l’affermazione de L’Etoile sulla apatia della madre e degli altri parenti è evidentemente falsa – perché incompatibile con la loro certezza che il cadavere fosse quello della profumiera -, procederemo come se la questione dell’identità fosse risolta con nostra completa soddisfazione”.

“Che ne pensa, Dupuis”, disse Bertè, “delle opinioni di Le Commerciel?”

[12 di 22. continua]


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