Una stanza nel cottage di Roberto
Granzotto-Bordin. A destra, sul davanti, un pianoforte modesto che ha sul
leggio un foglio di musica aperto. Più indietro un uscio che conduce alla porta
di strada. Nella parete di fondo una porta a due battenti che dà nella stanza
da letto. Presso il piano un’ampia tavola su cui sta posata una lampada con un
paralume giallo. Alcune sedie presso la tavola. Un tavolino da gioco più
avanti. Alla parete di fondo uno scaffale con libri. A quella di sinistra, nel
fondo, una finestra e più avanti una porta con un piccolo atrio che danno
ambedue sul giardino. Poltrone qua e là. Vasi con arbusti presso la porta di
sinistra e quella di fondo. Sulla parete molti disegni in bianco e nero,
incorniciati. Nell’angolo di destra una dispensa e nel mezzo della tavola una
pipa turca. Un fornelletto ad olio non acceso. Una seggiola a dondolo.
La sera del medesimo giorno, Roberto
Granzotto-Bordin è seduto al piano in abito da sera. È accesa solo la lampada
sulla tavola. Suona al piano le prime battute del canto di Wolframo,
nell’ultimo atto del “Tannhauser”, ma smette subito e appoggiando i gomiti
sull’orlo della tastiera rimane lì in atto pensoso. Poi s’alza. Trae fuori una
piccola pompa da dietro il piano e comincia a spruzzare profumo per tutta la
stanza. Aspira lentamente, quindi rimette a posto la pompa, poi siede sopra una
scranna vicina alla tavola e lisciandosi accuratamente i capelli sospira una o
due volte, quindi si mette le mani nelle tasche dei pantaloni; si distende
all’indietro allungando le gambe e aspetta. S’ode un busso all’uscio e si alza
precipitosamente.
ROBERTO
GRANZOTTO-BORDIN
Orietta
Berta! (corre fuori dalla porta di
destra. Si odono voci di saluto, dopo pochi istanti Roberto rientra seguito da
Riccardo Cappatosoni che tiene in mano un cappello di feltro scuro, nell’altra
un ombrello. Offrendogli una sedia). Ed eccoti qua. Sei ben fortunato, sai
di trovarmi. Ma perché non m’hai detto che saresti venuto a farmi una visita?
Già, tu sei sempre un demonio per sorprendere la gente. Chissà, forse tutto
quel ragionare che s’è fatto quest’oggi del tuo passato, t’ha un poco
rimescolato il sangue, non è vero? (fa
cenno alle pareti della stanza). Hai visto come mi sono messo
artisticamente? Quando sei venuto stavo strimpellandomi un po’ di Wagner, tanto
per ammazzare il tempo. E intanto, sai, pensavo come sarebbero andate le cose
tra te e il vicecancelliere. (con atto di
meraviglia un po’ esagerato). Ma ci vai con codesto abito, dal
vicecancelliere? Be’ non ci farà caso. Che ore sono (trae l’orologio). Già le otto e venti. Caspita!
RICCARDO
CAPPATOSONI
Hai un
appuntamento?
ROBERTO (ride nervosamente)
Ih! Come sei
sospettoso.
RICCARDO
Allora posso
sedermi?
ROBERTO
Certo, certo.
(siedono). Per pochi minuti almeno.
Poi potremo uscire insieme, se vuoi. Ha detto tra le otto e le nove, non è
vero? Adesso che ora è? Giaà le otto e venti.
RICCARDO (con aria infastidita)
Anche il tuo
appuntamento è per la stessa ora, qui?
ROBERTO
Quale
appuntamento?
RICCARDO
Con Orietta
Berta.
ROBERTO (stupito)
Ma sei pazzo?
RICCARDO
Sei tu il
pazzo.
ROBERTO (dopo una breve pausa)
RICCARDO
Lei. (breve pausa)
ROBERTO (a bassa voce)
Sì. Pazzo
pazzo devo essere stato, Riccardo… Ascoltami. È un grande sollievo che tu sia
venuto qui, ora. Un grandissimo sollievo… Ti giuro, Riccardo, che è tutt’oggi
che non faccio altro che pensare come posso trarmi d’impaccio da questa
faccenda, senza sembrare un pazzo… Un gran sollievo, proprio… Avevo anche
pensato di mandare una parola, una lettera, poche righe, insomma, ma era troppo
tardi. (si passa una mano sulla fronte).
Ti voglio dire una cosa.
RICCARDO
So già tutto.
E da parecchio tempo.
ROBERTO
Da quando?
RICCARDO
Da quando la
cosa è incominciata fra di voi.
ROBERTO (rapidamente)
Sì. Proprio
pazzo sono stato; ma credimi, fu per pura avventatezza. Sono io il primo a
convenire che averla richiesta di un convegno, qui, per stasera, è stato un
errore. Ma voglio spiegarti tutto.
ROBERTO
Spiegami
invece, e se vuoi, quale era la parola che tu anelavi dirle e non hai osato.
ROBERTO
Sì, te la
voglio dire. Ammiro profondamente la personalità della tua… di tua moglie. Ecco
la parola. E te lo confesso apertamente… Non è un segreto.
RICCARDO
E allora,
perché le fai la corte in segreto?
ROBERTO
Corte?
RICCARDO
Sì, le
profferte che le vai facendo continuamente, giorno per giorno, e le occhiate,
le parole sommesse. Corte, insomma.
ROBERTO (meravigliato)
Ma come sai
queste cose?
RICCARDO
Me le ha
dette lei.
ROBERTO
Oggi?
RICCARDO
No. Volta per
volta, man mano che accadevano.
ROBERTO
Ah, tu hai
saputo… e da lei? Tu ci spiavi dunque. Tu ci hai spiato tutto questo tempo.
RICCARDO (freddamente)
Ti spiavo,
sì.
ROBERTO (presto)
Capisco. E
non hai detto mai una parola. Pensare, sarebbe bastato che tu aprissi bocca per
salvarmi, sì, salvarmi da me stesso, capisci? Hai voluto mettermi alla prova,
terribile prova! E anche adesso tu mi stai mettendo alla prova. (con disperazione). Ma via, è passato e
mi servirà di lezione per tutta la vita. Tu adesso mi odierai.
RICCARDO
Io? Perché?
ROBERTO
Non mi odi?
No, no, tu devi odiarmi.
RICCARDO
Anche se
Orietta Berta non m’avesse detto ciò che io so, l’avrei saputo lo stesso. Non
hai notato che quando sono tornato a casa oggi, che sono entrato d’un tratto
nel mio studio?
ROBERTO
Sì, ricordo.
RICCARDO
Non hai
compreso che l’ho fatto per darti tempo a ricomporti? Mi faceva male vedere i
tuoi occhi in quel momento. E anche quelle rose. Non so perché, un così gran
mazzo di rose, e tutte sbocciate.
ROBERTO
Pensavo
semplicemente donargliele. Che v’era di strano? (guarda Riccardo con espressione crucciata). Erano forse troppe? O
troppo sfiorite, troppo comuni?
RICCARDO
No, no, non
ti ofio. È l’insieme della faccenda che mi produsse una grande tristezza.
ROBERTO (a sé stesso)
E dire che
questa è realtà, che questo è accaduto fra noi! (lo guarda fisso, poi continua). E anche lei, eh? Voleva mettermi
alla prova? Sperimentarmi, come te.
RICCARDO
Roberto, tu
conosci le donne, meglio di me. Ella mi disse che sentiva per te della
compassione.
ROBERTO (quasi iroso)
Compassione!
Compassione, per me, perché io non sono più un amante ideale! Come le mie
povere rose, ordinarie, sfiorite!
RICCARDO
Come tutti
gli uomini hai un cuore pazzo, folleggiante.
ROBERTO
Oh, ecco,
finalmente ti esprimi! Hai scelto davvero il momento opportuno.
RICCARDO
Non così… non
così, fra noi due. La nostra amicizia dura da anni, Roberto. È amicizia di
tutta la vita. Non ricordi? Fin dalla pubertà, fin dall’infanzia… No, no… non
così, di notte, come un ladro, in un luogo come questo… Ah, Roberto, ciò non è
degno di te.
ROBERTO
Che lezione,
Riccardo! Ma ora il pericolo è passato, sì, passato. Perché anche tu correvi un
po’ di pericolo, se ci pensi bene. non ti sembra?
RICCARDO
Quale?
ROBERTO
Bah, non so…
Certo che se tu non avessi parlato, se avessi continuato a spiarci come hai
fatto finora, ad aspettare finché…
RICCARDO
Finché?
ROBERTO (coraggiosamente)
Finché io mi
fossi innamorato di lei, sempre, sempre più, fino ad amarla pazzamente; allora,
tu avresti parlato, come parli ora? Sarebbe stata una cosa ben diversa. Non ti
pare, Riccardo? Sarebbe stato forse troppo tardi; mentre non lo è adesso. Che
cosa avrei potuto dirti allora? Ti avrei detto: tu sei il mio amico, il mio
eccellente amico, me ne spiace tanto, ma io l’amo. Io l’amo e farò di tutto per
togliertela, perché io l’amo. (si fissano
in viso l’un l’altro per alcuni momenti in silenzio).
RICCARDO
Questo è un
linguaggio che ho udito sovente e nel quale non ho mai creduto. Togliermela. Tu
intendi con furto o con violenza? Con furto, non puoi, perché in casa mia tutte
le porte sono aperte, e nemmeno con violenza, se da parte di lei non c’è
resistenza.
ROBERTO (timidamente, ma con coraggio)
Pensi di
avere diritti sopra di lei, sopra il suo cuore?
RICCARDO
Nessun
diritto.
ROBERTO
Anche con
tutto quello che hai fatto per lei? Ti sei tanto prodigato! E lo reputi un
nulla?
RICCARDO
Nulla.
ROBERTO
Tu ami questa
donna. Ricordo che tempo fa me lo confessasti. Essa è tua. (improvvisamente). Ed è anche per questo, vedi, che io fui
trascinato verso di lei. Tu sei così forte, che mi attrai anche attraverso lei.
RICCARDO
Credo che tu
voglia sottrarmela con la violenza.
ROBERTO (rapidamente)
Oh, momenti
di pura follia! Quando noi sentiamo un’intensa passione per una donna, non
vediamo più nulla, non pensiamo più a nulla, tranne che a possederla. Sarà
brutale, bestiale, fin che vuoi…
RICCARDO
Temo che
questo violento desiderio di possedere una donna, non sia amore.
ROBERTO (impaziente)
Nessun uomo è
mai vissuto sulla terra, che non bramasse possedere – dico nella carne – la
donna che ama. È legge naturale.
RICCARDO (con sprezzo)
E a me, che
importa? L’ho votata io questa legge?
ROBERTO
Ma se tu ami…
che altro è per te amore?
RICCARDO
Desiderare il
suo bene.
ROBERTO (con calore)
Ma la
bramosia che notte e giorno ci infiamma di possederla… tu la senti come me.
RICCARDO
Hai tu la
luminosa certezza che il tuo cervello è interamente in contatto col pensiero e
l’intelligenza di lei? Che il tuo corpo è interamente in contatto con le
sensazioni del suo corpo? Hai tu questa profonda certezza, entro di te?
ROBERTO
E tu l’hai
questa certezza?
RICCARDO
Un tempo sì,
l’ebbi. Ed era una certezza luminosa come quella della mia propria esistenza, o
almeno un’illusione luminosa come quella.
ROBERTO (con prudenza)
Ed ora?
RICCARDO
Se tu avessi
avuto questa certezza, e io avessi la profonda convinzione che tu l’hai anche
adesso…
ROBERTO
Che faresti?
RICCARDO
Me ne andrei,
perché in tal caso, tu saresti necessario alla sua esistenza, non io. Tornerei
solo, com’ero una volta, prima di conoscerla… Quando sei venuto a casa mia,
oggi, hai incontrato mio figlio; che sentimento hai provato in sua presenza?
ROBERTO (subito)
Piacere.
RICCARDO
Nient’altro?
ROBERTO
Nient’altro.
RICCARDO
E di fronte a
lei che cosa hai sentito?
ROBERTO
Dentro di me
io sento in modo strano. Se il mio miglior amico lo vedessi disteso là, entro
una cassa da morto e la sua faccia avesse una comica espressione, non potrei
trattenermi dal ridere. Son fatto così, io. Io credo che il giorno del giudizio
universale, quando ci troveremo radunati insieme, l’Onnipotente ci parlerà
appunto in questo modo. Noi gli diremo che siamo vissuti sempre castamente con
una sola creatura… o che abbiamo cercato di farlo ed egli ci dirà allora:
“Sciocchi che siete stati! Chi v’ha detto che dovevate donarvi a un essere
solo? Voi eravate liberi di donarvi a parecchi esseri. Io ho anche iscritto
questa legge sui vostri cuori”.
RICCARDO
Anche sul
cuore della donna?
ROBERTO
Dobbiamo
escludere dai nostri cuori un affetto che ci possiede profondamente? Lo
possiamo? Lo può una donna?
RICCARDO
Ma noi
parlavamo dell’unione corporale…
ROBERTO
L’affetto tra
uomo e donna deve pur riuscire a un’unione corporale. E noi a questo ci
pensiamo fin troppo, perché gli spiriti della nostra mente sono ingrovigliati e
confusi. Per noi oggi quell’atto non ha maggiore importanza di un altro
contatto, di un bacio.
RICCARDO
Se non ha
nessuna importanza, perché ti senti insoddisfatto, finché non hai raggiunto il
suo compimento? Perché dunque stasera sei qui ad aspettarla?
ROBERTO
La passione
tende ad arrivare più in là che può; ma tu, mi creda o no, sappilo che non ho
nessuna intenzione di arrivare a quel compimento.
RICCARDO
E arrivaci,
se puoi. Io non voglio usare contro di te armi che il mondo abbia messo nelle
mie mani. Se la legge che Dio ha inscritto nei nostri cuori è quella che dici,
anch’io sono una creatura di Dio.
ROBERTO (pausa)
Posso farti
una domanda?
RICCARDO
Di’ pure.
6 di 12. continua
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