16 – Scusi se la disturbo

Carissimo John, […] quante volte ci capita di essere disturbati, specialmente all’ora di pranzo o durante un pisolino, da poveri cristi di precari che cercano di venderci olio di oliva, filtri per la depurazione dell’acqua, completi matrimoniali, aspirapolvere anti-batterici (per non menzionare luce, gas, telefono), e li sentiamo esordire con “Buongiorno, scusi se la disturbo…” Questa è la più grossa bestemmia del telemarketing, in quanto alle orecchie dell’ascoltatore implica che lo si stia disturbando, e così hai già rovinato tutto, giacché la fase più importante della telefonata sono i primi trenta secondi, nei quali si deve stabilire un’empatia per agganciare il potenziale cliente. Bisogna al contrario trasmettergli la sensazione che gli si sta facendo un favore, quindi mai e poi mai usare la parola disturbo, è tabù.

Ma tra le principali regole di un telemarketing professionale quella numero uno è un’altra: il BANT, che sta per Budget, Authority, Need e Time. Budget significa accertarsi che l’azienda abbia previsto nel bilancio un capitolo di spesa relativo all’oggetto che gli si vuole appioppare, o comunque un capitolo per spese impreviste; Authority che la persona con cui parli abbia appunto il potere di autorizzare tali spese; Need che abbiano bisogno di questo nuovo oggetto o di cambiare quello vecchio se ce l’hanno già; Time che prevedano di dotarsene entro un ragionevole lasso di tempo, diciamo non oltre i sei mesi.

Nel caso delle piccole e medie aziende, spesso a conduzione famigliare, le questioni di Budget, Need e Time sono di relativa importanza: se sei convincente la necessità può essere indotta, e in assenza di un consiglio di amministrazione i bilanci sono elasticamente a discrezione del titolare, perciò la cosa fondamentale è l’Authority, vale a dire riuscire a parlare con colui che gestisce il denaro, il che implica superare lo scudo di queste figure mitologiche che sono la centralinista e/o la segretaria, uno sport ad ostacoli nel saltare i quali sono modestamente una campionessa, per cui riesco quasi sempre a finire col parlare al commendator Brambilla di TeleBrambilla.
Virginia - “Vorrei parlare con il commendator Brambilla”

Segretaria - “Se è per un’offerta ci mandi una mail a info@brambilla.tv”

Virginia - “Glie l’ho già mandata direttamente alla sua mail personale e volevo appunto sapere cosa ne pensa in quanto sono certa che sia interessato”

Segretaria - “Ah! Resti in linea, vedo se c’è”

Info?|? Non scherziamo, nel telemarketing non si mandano mai le mail al signor “info”. Ma come faccio a mandare una mail personale al titolare, visto che non è certamente pubblicata sul loro sito web? Tutti sanno che il padrone di TeleBrambilla si chiama Piersilvio Brambilla, ma gli indirizzi di posta elettronica possono assumere diversi formati: p.brambilla, psbrambilla, brambilla_piersilvio e così via. Allora si fa una ricerca in Google per “@brambilla.tv” e si troverà sempre di quell’azienda un salame che ha pubblicato la sua email da qualche parte nel web: john.patel@brambilla.tv, così adesso sappiamo che il formato che usano è nome.cognome e prima di chiamare possiamo mandare la nostra mail a piersilvio.brambilla@brambilla.tv .

Ma torniamo alle mie vicissitudini. Dopo i due anni nel settore termoidraulico, è a questo punto che, sempre lavorando da casa a spese mie, torno in quello degli aspirapolvere, questa volta per un’azienda seria con un nome storico che ha fatto parte del gruppo industriale per il quale tu attualmente lavori, il quale ha però scorporato la divisione degli aspirapolvere professionali. Mi rivolgo infatti a una clientela business – uffici, negozi, alberghi e ristoranti -, la qual cosa preferisco di gran lunga rispetto al perseguitare i privati, verso i quali sono frenato da un senso di colpa come se li stessi truffando, quando so che il prodotto è una fregatura come gli aspirapolvere domestici dei tuoi concorrenti di cui in precedenza.

Si suppone invece che se parlo con un direttore d’azienda, che sia il manager commerciale, finanziario, degli acquisti o il titolare stesso, costoro sappiano il fatto loro e siano poco propensi a farsi fregare. La fregatura invece la presi io, perché la multinazionale degli aspirapolvere professionali aveva appaltato il telemarketing a un delinquente che a distanza di un anno deve ancora finire di pagarmi. Durante quest’anno la sua ditta è fallita, di conseguenza la sua segretaria-amante lo ha piantato, gli si è incendiato un capannone in Romania, è morto suo fratello e si è preso due cancri al fegato e alla prostata. Non so se siano tutte scuse per rimandare il pagamento, ma sul cancro tendo a credergli: per quanto non lo augurerei neanche al mio peggior nemico (specialmente a uno che mi deve dei soldi prima di tirare le cuoia), non mi stupirebbe se l’avesse fatto qualcun altro di quelli che ha truffato.

Durante questo ultimo anno ho lavorato solo una settimana, in un call centre che vendeva completi di lenzuola e biancheria per la casa, finché si sono ricordati di cosa facevo da queste parti prima di andarmene un quarto di secolo fa: Politica con la P maiuscola. E siccome la direttrice del call centre è la moglie di un assessore comunale (che ne è anche socio) di un partito avverso, come l’hanno scoperto mi hanno licenziata in tronco. Viva l’Italia. In attesa di rileggerti, per ora ti saluto perché devo andare a un colloquio di lavoro. Ovviamente in un call centre.



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