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– L’acquisto
L’acquisto
è soprattutto una scelta emotiva. Non è il raziocinio che ci spinge
a comprare, assolutamente. A distanza di tanto tempo ricordo ancora
oggi una sera incredibile. Contattai alla mattina una signora
dall’aspetto elegante e la parlata forbita, che mi diede
l’appuntamento per le 20.00. La sera stessa mi presentai con le mie
valige dimostrative circa alle 19.45, sempre per via del fatto che si
cercava di fare il meno tardi possibile. Mi accolse sbalordita
“Ma
come, l’aspettavo per le 20.00, si accomodi ma la dovrò fare
attendere per un quarto d’ora, il tempo che terminiamo la cena”
Accidenti,
non ero abituato a tutti quei formalismi. Mi fece accomodare in sala,
visione stupenda, due pareti di almeno 5 metri per 3.50 di altezza
ciascuna, entrambe coperte da una libreria bianca consistente in
centinaia e centinaia di libri veri, dico veri perché solitamente
nelle case comuni si trovano pochi libri e per di più finti, vale a
dire mai letti, sono spesso gli allegati da due euro di Corriere
o Repubblica,
oppure i primi tre libri comprati a 6.90 euro al Club degli editori:
qualche ricettario, la storia della Formula 1 e un paio di guide
turistiche.
Quelli
invece no, erano libri di ogni genere e varietà: da Henry James a
Norman Mailer passando per Kafka fino ai contemporanei Brodsky,
Kundera e Drakulich, si notava un’altalenante preferenza per le
letterature slava e americana, ma non mancavano i nostri Silone,
Pavese, Flaiano, Testori, tanti di Pirandello, l’immancabile
Umberto Eco e i miei preferiti Fruttero & Lucentini. E poi tutti
i mattoni di Tolstoj e Dostoevski in uno scaffale che faceva angolo
con quelli altrettanto pesanti di Sartre e Proust. E ancora saggi di
storia, filosofia, matematica, e volumi illustrati di fotografia,
architettura. Illustrati anche i dizionari etimologici in almeno
sette lingue.
C’era
veramente da sbizzarrirsi a curiosare la biblioteca in quel quarto
d’ora che trascorsi intanto che al di là della porta a vetri il
rumore delle posate e la totale mancanza di conversazione mi metteva
un po’ di soggezione, insieme all’austero tappeto orientale e gli
imponenti mobili antichi di famiglia. Grande sapore di cultura anche
nei quadri sulle altre pareti, soprattutto tante antiche carte
geografiche di tutti i continenti, e nei dettagli: soprammobili di
peltro, cristallo e ceramica ma senza nessuna ostentazione di lusso o
sontuosità. Insomma davvero un bell’ambiente.
Arriva
la famiglia, lei signora bionda naturale sui quarant’anni
abbondanti ma ancora di molto gradevole aspetto, “correttrice di
bozze”, si definì con falsa modestia, per una casa editrice di cui
ora non ricordo il nome e per la quale immaginai che invece svolgesse
il più delicato incarico di valutare i manoscritti degli aspiranti
scrittori (immaginai fosse questa la sua vera professione per
spiegarmi il numero immenso di libri per casa), e lui occhialuto
professore universitario di storia dell’arte, decisamente di
qualche anno più anziano, più il bambino figlio unico di circa sei
anni. Si mettono sul divano e mi autorizzano a dare il via alla
dimostrazione. Li percepivo preoccupati per il loro prezioso tappeto
orientale, ma non lo davano a vedere, mantenendo un’aria abbastanza
distaccata, soprattutto da parte di lui, ed io un po’ imbarazzato
procedo nel mio lavoro con scarsissimo feedback e partecipazione da
parte loro. A quel punto, non tanto per calcolo meschino quanto
piuttosto per inconscia intuizione, sfodero quella che si sarebbe
rivelata la mia arma vincente: coinvolgo il bambino, gli faccio
provare la scopa elettrica, lo faccio giocare con i tubi telescopici
flessibili e così via. Finita la parte dimostrativa, ci accomodiamo
al tavolo per la contrattazione, illustro i vari dettagli e dico il
prezzo.
“Bene,
bello, le faremo sapere!”
Io
ovviamente insistevo per concludere il contratto, ma il tipo con
fermezza mi dice:
”Guardi,
la nostra famiglia ha dei budget programmati da rispettare, questa è
una spesa imprevista che va programmata nel tempo e non possiamo
affrontarla qui stasera”
Pur
alle prime armi, ero già abbastanza esperto da sapere che in quei
casi insistere troppo è dannoso, servirebbe solo a rafforzare il
rifiuto, perciò chiudo il libro e cambiamo discorso. Incominciamo a
parlare dei loro impieghi e delle loro passioni e, come sempre,
parlando d’altro si abbassano le barriere che la paura di spendere
fanno alzare al potenziale acquirente. Infatti il professore si
rivela meno rigido di quanto volesse apparire e, visto che è
bergamasco come me, decide di farmi provare una grappa speciale
barricata (notare che io ero digiuno). Bevuta una grappa, ne versiamo
una seconda, l’alcol scalda la mente e la discussione prende anima
intanto che il bambino si addormenta sul divano!
A
quel punto la mamma lo prende in braccio per metterlo a nanna. Torna
dopo qualche minuto e dice al marito:
“Mentre
lo mettevo a letto mi ha chiesto se l’avevamo comprato, gli ho
detto di no e lui mi fa -
Compralo mamma, che è bellissimo e poi ti serve-”.
Inutile
dire che presi la palla al balzo, riaprii i contratti e mezz’ora
dopo uscii da quella casa, non poco balordo di grappa, con i crampi
nello stomaco dalla fame, ma con un bel contrattino di vendita in
tasca!
Nel
rientro a casa in auto rivedevo tutta la serata, riflettendo su
quanto poco ci volesse per far crollare le barriere di un uomo. Che
bel mestiere stavo facendo e quante cose stavo imparando. Molto
probabilmente, se fossi rimasto fino a quell’ora senza vendere
nulla, di certo non sarei stato così romantico e positivo!
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