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- Colpo di fulmine
Una
frizzantissima giornata di primavera, una di quelle mattinate in cui
la vita ti appare meravigliosa e sorridi anche da solo con te stesso.
Mi aggiro nella zona semicentrale di un grosso paese di provincia,
perso nei miei pensieri, e mi fermo davanti ad una bella palazzina.
Parto alla carica come farebbe un toro nella corrida, pronto a fare
una strage di casalinghe acquirenti. Quel giorno ero veramente carico
e in forma, del resto dopo mesi di piogge e nebbie, non poteva essere
altrimenti!
I
primi due campanelli vanno a vuoto, assenti, al terzo si apre la
porta blindata e mi appare una ragazza di 18-19 anni circa,
illuminata dal retro da un forte sole che le entrava dalla
portafinestra del terrazzo, sembrava l’apparizione della madonna.
Capelli biondi mossi, occhi azzurri e visino delicatissimo e
dolcissimo, con un sorriso irresistibile, aveva una specie di camicia
pigiama molto leggera che non lasciava intravedere nulla tranne la
turgidezza dei capezzoli, ma la visione più sconvolgente la ebbi
quando abbassai lo sguardo. Ebbene si, era in mutandine, uno di
quegli slip da ragazzina innocente, in pizzo Sangallo bianco, che non
lasciava vedere nulla, ma percepire il volume del pube nascosto
sotto, probabilmente di pelo chiaro.
Le
gambe snelle, di un colore olivastro, coperte da una leggerissima
peluria bionda che il sole metteva in risalto, ed in un paio di
ciabattine infradito, persino i piedi, che solitamente non sono fonte
per me di grande interesse, erano attraenti. Per un attimo mi
immagino su un lettino del pronto soccorso, con i medici che col
defibrillatore in mano gridano: “Lo stiamo perdendo!”, tanto la
pressione mi si era alzata.
L’ingresso
in casa e la conversazione seguente li ricordo come in un flashback
muto, ricordo i sorrisi e gli ammiccamenti di lei, la mia prudenza ed
attenzione nel guardarla, i linguaggi dei nostri corpi che
manifestavano interesse ma anche imbarazzo reciproco e il
meraviglioso sole che la illuminava.
Nel
corso di vendita del Frosi l’imperativo era Osare!
Provo ad avvicinarmi e vedo che lei non arretra (anche perché era
appoggiata al tavolo), mi avvicino con il viso per arrivare a
distanza intima e vista la sua disponibilità mi butto in un leggero
bacio sulle labbra. Lei non dice nulla ma sorride, allora le prendo
il viso tra le mani e la bacio come se in quel bacio mi giocassi
l’esistenza mia e quella dell’intero pianeta. “Ok, è andata!”
si dicono tra loro nella mia mente i medici del pronto soccorso,
vedendo che il paziente ha superato la barriera - rischio
figura di merda -
e ha ripreso a respirare.
Ci
baciamo, le sue labbra sono calde e morbide, ci accarezziamo a
vicenda, lei ha una pelle meravigliosa e morbidissima, stavo per
scrrivere vellutata, ma io velluto così non ne ho mai sentito. In un
colpo solo mi tolgo camicia, cravatta e maglietta sotto, mentre lei
si libera della camicetta, il contatto pelle su pelle toglie il fiato
a entrambi, sembra estasiata dai baci che le lascio sparsi su tutto
il collo.
Prendo
coraggio, guardo il seno e mi commuovo per quanto è candido e
innocente. I rumori della strada, le chiacchiere delle signore sul
marciapiedi, i cinguettii degli uccelli, una Tv accesa al piano
superiore, avevano un altra dimensione, anzi eravamo noi in ultra
dimensione, il resto era tutto lontano ovattato, sentivamo solo i
nostri corpi, i nostri battiti e i nostri respiri, ci stringevamo
forte e io già vedevo le immagini di noi sorridenti e felici correre
per le calli di Venezia, oppure sdraiati e abbracciati sulle
splendide spiagge bianche delle Maldive, guidare e ridere insieme su
una strada di montagna, ma un suo sussurro interrompe il mio film:
“Non l’ho mai fatto io!”
Non
ha mai fatto l’amore?!?
E
beh, allora mi volete uccidere, ma è come dire a uno che ha appena
vinto il primo premio alla lotteria di capodanno “ Guardi che deve
ritirare anche il secondo e il terzo!”
I
medici impugnano un’altra volta il defibrillatore e si approntano
ad intervenire ancora. Tutto il resto, di quanto successe su quel
tavolo, non è spiegabile a parole. Ricordo solo che alla fine ci
ritrovammo abbracciati sul tappeto, che intravedevo il suo bellissimo
fondoschiena mentre lei mi accarezzava il viso e mi infilava
dolcemente le mani nei capelli. Mi baciò gli occhi, quando li
riaprii vidi il legno della porta blindata e la targhetta in ottone
col cognome della famiglia.
Purtroppo,
però, questo fu solo il cinema che mi feci io dopo che lei chiuse la
porta, perché in verità ci scambiammo solo due parole, il tempo di
dirmi che i genitori non erano in casa e se ne andò, lasciandomi lì
davanti all’uscio chiuso.
Non
proseguii più con gli altri campanelli, ero troppo agitato. Me ne
andai a fare un giro ripensando all’accaduto e chiedendomi
continuamente per quale motivo una ragazza così carina vada ad
aprire la porta in mutande. Nel pomeriggio ripassai con la scusa di
parlare con la mamma, ma non trovai più lei e della mamma non me ne
fregava proprio nulla.
Peccato,
eppure io il viaggio a Venezia e quant’altro l’avevo visto
davvero. Probabilmente ci sono vite parallele dove succede quello che
sogniamo, oppure sarà successo a qualche mio altro collega passato
dopo. A tal proposito vorrei smentire le dicerie che vedono i
venditori porta a porta protagonisti di fantastiche avventure
sessuali con le casalinghe. A me in quegli anni non è mai successo e
nemmeno ai colleghi più sinceri. In altri gruppi invece se ne
raccontavano di ogni, pareva facessero a gara a chi le sparasse più
grosse.
La
verità e che le casalinghe vedono il venditore con lo stesso
entusiasmo con cui si accoglie un esattore, pericolo rosso per la
cassa, quindi difficilmente lasciano via libera agli ormoni o ai
sentimenti, il corpo è tutto proteso a difendere il portafoglio,
altro che sesso!
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