8 - Colpo di fulmine

Una frizzantissima giornata di primavera, una di quelle mattinate in cui la vita ti appare meravigliosa e sorridi anche da solo con te stesso. Mi aggiro nella zona semicentrale di un grosso paese di provincia, perso nei miei pensieri, e mi fermo davanti ad una bella palazzina. Parto alla carica come farebbe un toro nella corrida, pronto a fare una strage di casalinghe acquirenti. Quel giorno ero veramente carico e in forma, del resto dopo mesi di piogge e nebbie, non poteva essere altrimenti!

I primi due campanelli vanno a vuoto, assenti, al terzo si apre la porta blindata e mi appare una ragazza di 18-19 anni circa, illuminata dal retro da un forte sole che le entrava dalla portafinestra del terrazzo, sembrava l’apparizione della madonna. Capelli biondi mossi, occhi azzurri e visino delicatissimo e dolcissimo, con un sorriso irresistibile, aveva una specie di camicia pigiama molto leggera che non lasciava intravedere nulla tranne la turgidezza dei capezzoli, ma la visione più sconvolgente la ebbi quando abbassai lo sguardo. Ebbene si, era in mutandine, uno di quegli slip da ragazzina innocente, in pizzo Sangallo bianco, che non lasciava vedere nulla, ma percepire il volume del pube nascosto sotto, probabilmente di pelo chiaro.

Le gambe snelle, di un colore olivastro, coperte da una leggerissima peluria bionda che il sole metteva in risalto, ed in un paio di ciabattine infradito, persino i piedi, che solitamente non sono fonte per me di grande interesse, erano attraenti. Per un attimo mi immagino su un lettino del pronto soccorso, con i medici che col defibrillatore in mano gridano: “Lo stiamo perdendo!”, tanto la pressione mi si era alzata.

L’ingresso in casa e la conversazione seguente li ricordo come in un flashback muto, ricordo i sorrisi e gli ammiccamenti di lei, la mia prudenza ed attenzione nel guardarla, i linguaggi dei nostri corpi che manifestavano interesse ma anche imbarazzo reciproco e il meraviglioso sole che la illuminava.

Nel corso di vendita del Frosi l’imperativo era Osare! Provo ad avvicinarmi e vedo che lei non arretra (anche perché era appoggiata al tavolo), mi avvicino con il viso per arrivare a distanza intima e vista la sua disponibilità mi butto in un leggero bacio sulle labbra. Lei non dice nulla ma sorride, allora le prendo il viso tra le mani e la bacio come se in quel bacio mi giocassi l’esistenza mia e quella dell’intero pianeta. “Ok, è andata!” si dicono tra loro nella mia mente i medici del pronto soccorso, vedendo che il paziente ha superato la barriera - rischio figura di merda - e ha ripreso a respirare.

Ci baciamo, le sue labbra sono calde e morbide, ci accarezziamo a vicenda, lei ha una pelle meravigliosa e morbidissima, stavo per scrrivere vellutata, ma io velluto così non ne ho mai sentito. In un colpo solo mi tolgo camicia, cravatta e maglietta sotto, mentre lei si libera della camicetta, il contatto pelle su pelle toglie il fiato a entrambi, sembra estasiata dai baci che le lascio sparsi su tutto il collo.

Prendo coraggio, guardo il seno e mi commuovo per quanto è candido e innocente. I rumori della strada, le chiacchiere delle signore sul marciapiedi, i cinguettii degli uccelli, una Tv accesa al piano superiore, avevano un altra dimensione, anzi eravamo noi in ultra dimensione, il resto era tutto lontano ovattato, sentivamo solo i nostri corpi, i nostri battiti e i nostri respiri, ci stringevamo forte e io già vedevo le immagini di noi sorridenti e felici correre per le calli di Venezia, oppure sdraiati e abbracciati sulle splendide spiagge bianche delle Maldive, guidare e ridere insieme su una strada di montagna, ma un suo sussurro interrompe il mio film: “Non l’ho mai fatto io!”

Non ha mai fatto l’amore?!?

E beh, allora mi volete uccidere, ma è come dire a uno che ha appena vinto il primo premio alla lotteria di capodanno “ Guardi che deve ritirare anche il secondo e il terzo!”

I medici impugnano un’altra volta il defibrillatore e si approntano ad intervenire ancora. Tutto il resto, di quanto successe su quel tavolo, non è spiegabile a parole. Ricordo solo che alla fine ci ritrovammo abbracciati sul tappeto, che intravedevo il suo bellissimo fondoschiena mentre lei mi accarezzava il viso e mi infilava dolcemente le mani nei capelli. Mi baciò gli occhi, quando li riaprii vidi il legno della porta blindata e la targhetta in ottone col cognome della famiglia.

Purtroppo, però, questo fu solo il cinema che mi feci io dopo che lei chiuse la porta, perché in verità ci scambiammo solo due parole, il tempo di dirmi che i genitori non erano in casa e se ne andò, lasciandomi lì davanti all’uscio chiuso.

Non proseguii più con gli altri campanelli, ero troppo agitato. Me ne andai a fare un giro ripensando all’accaduto e chiedendomi continuamente per quale motivo una ragazza così carina vada ad aprire la porta in mutande. Nel pomeriggio ripassai con la scusa di parlare con la mamma, ma non trovai più lei e della mamma non me ne fregava proprio nulla.

Peccato, eppure io il viaggio a Venezia e quant’altro l’avevo visto davvero. Probabilmente ci sono vite parallele dove succede quello che sogniamo, oppure sarà successo a qualche mio altro collega passato dopo. A tal proposito vorrei smentire le dicerie che vedono i venditori porta a porta protagonisti di fantastiche avventure sessuali con le casalinghe. A me in quegli anni non è mai successo e nemmeno ai colleghi più sinceri. In altri gruppi invece se ne raccontavano di ogni, pareva facessero a gara a chi le sparasse più grosse.

La verità e che le casalinghe vedono il venditore con lo stesso entusiasmo con cui si accoglie un esattore, pericolo rosso per la cassa, quindi difficilmente lasciano via libera agli ormoni o ai sentimenti, il corpo è tutto proteso a difendere il portafoglio, altro che sesso!



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