Radical Pain – Dolore Radicale – Capitolo 4
(i precedenti: 1 -2 -3)

La notte scorsa il sicario Londradical fu disturbato al telefono da Londra dalla sua ex moglie per via della Chestita Baba Marta, vale a dire il tradizionale augurio bulgaro del primo marzo, e mai occasione fu più augurale in quanto il sicario Londradical si trovava in quel momento in una riunione del Pd e dopo avere ascoltato i relatori stava per cremarli tutti sul posto insieme agli incolpevoli astanti. L’ex moglie l’ha abilmente distratto costringendolo a rifugiarsi nel cesso del centro sociale per poterle parlare al telefono, e questa gli ha detto che lo chiamava perché assediata dalle coccinelle.

Le coccinelle sono un problema serio in Gran Bretagna, in quanto da qualche anno questa apparentemente benevola specie che tutti amiamo come simpatico portafortuna si riproduce esponenzialmente colà in quantità impressionanti ed impestanti che affliggono gli umani (o quasi umani come l’ex moglie di Londradical) e minacciano altre specie. Fatto sta, non ci crederete, è meglio una telefonata della vostra ex moglie piuttosto che una presentazione Powerpoint di una esponente locale del Pd.

Ti credo, ti credo, direte voi. E io credo a voi: se c’è una cosa che non ho mai potuto sopportare in tanti anni di onorata carriera di prostituta del telemarketing, c’è questa dannata fottuta abitudine dei manager di farvi periodicamente una inutilissima presentazione Powerpoint. I dirigenti d’azienda di tutto il mondo sono dei coglioni pazzeschi - come dimostra l’andamento dell’economia globale -, ma tutti preparatissimi e laureati nelle migliori università dove imparano a farvi una presentazione Powerpoint dell’andamento dell’economia globale, locale, transnazionale e fantascientifica. Ma mai che si possa trovare un politico disposto ad andare a lavorare come i comuni mortali invece di fare una presentazione Powerpoint. Quella dell’esponente del Pd proiettava sul muro alle sue spalle il titolone della settimana:

SUTTORA CONDANNATO IN CASSAZIONE
Il giornalista playboy dovrà pagare gli alimenti anche alla sesta ex moglie. Il vittorioso divorzista Granzotto ottiene per Madonna anche il gigantesco ranch di Farmville. Il radicale Cappato: “Giusta sentenza”. Capezzone accusa: “Magistratura eversiva”.

Londradical avrebbe trovato la soluzione: cremare in una fossa comune tutti gli utilizzatori di Powerpoint, fucilare nel petto quelli di Excel (se riesci a capirlo godi dell’onore delle armi), e crocifiggere senza pietà quelli di Outlook, i peggiori pervertiti bastardi masochisti ignari della webmail. Tra gli antesignani di costoro c’era Damiano Chiesa, ove il Granzotto trovò dimora in una omonima via del quale, ed a proposito del quale stesso lascio la parola a Cominelli nella sua monumentale biografia del Granzotto…

Damiano Chiesa era di Rovereto. Allo scoppiar della guerra si trovava a Torino, dove studiava ingegneria. Arruolatosi volontario, presto si guadagnò il grado di sottotenente d'artiglieria e mentre il padre veniva internato a Katzenau Damiano veniva ricercato dall'autorità militare che contro di lui aveva spiccato mandato di cattura per tradimento e diserzione. Fatto prigioniero a Castel Dante il 18 maggio del 1916, quattro giorni dopo che era stata sferrata l'offensiva Strafexpedition, e riconosciuto da alcuni soldati austriaci, fu immediatamente dal tribunale da campo condannato a morte per impiccagione ai sensi dell'art. 334 del codice penale militare, ma la sua giovane età - 23 anni fece sì che la richiesta del Chiesa di aver commutata la pena in quella della fucilazione fosse accettata. La sentenza fu eseguita il 19 maggio nella fortezza di Trento. Un anno dopo Benito Mussolini, che - quando visse a Trento - era stato redattore del giornale di Cesare Battisti, commemorando lo stesso Damiano Chiesa così scriveva:

"Dopo un anno - e questi anni sembrano lunghi come secoli - basta ritornare col pensiero a quell'episodio di gloria imperitura e d'infamia senza nome, per sentire ancora in tutte le fibre più profonde dell'essere un brivido d'angoscia. Nell'illusione cui si abbandona qualche volta lo spirito viene fatto di domandarsi: E' storia o leggenda ? È storia. Di ieri, di oggi e sarà di domani, se l'impero degli Absburgo non sarà fatto saltare come un anacronismo tirannico cui è venuta a mancare ogni giustificazione di vita. Bisogna accostarsi alla guerra con purità di pensieri e di opere. La guerra per tutto lo strazio che impone ai popoli, non deve essere oggetto della bandiera che essi fanno sventolare e non può essere motivo di esibizione letteraria. Bisogna accostarsi al martirio con devozione raccolta e pensosa, come il credente che si genuflette dinanzi all'altare di un Dio. Commemorare significa entrare in quella comunione di spiriti che lega i morti ai vivi, le generazioni che furono a quelle che saranno, il dolore aspro di ieri al dovere ancora più aspro di domani. Commemorare significa fare un esame di coscienza, scandagliare fino all'ultimo l'anima nostra e poi chiedere a noi stessi: "Saremmo noi, che pure lo indichiamo agli altri, capaci di seguire quell'esempio? Saremmo noi pronti ad affrontare liberamente e deliberatamente il sacrificio estremo, pur di contribuire al trionfo di un ideale". Questo esame ci dà tutta la bellezza, l'altezza morale, sovrumana quasi, attinta da Cesare Battisti, il giorno in cui lui decise - conscio di ciò che l'attendeva - di andare incontro, con il passo fermo e pesante dell'Alpino, ai carnefici di Vienna. E costoro non lo risparmiarono. Non ebbero, per lui, nessuna pietà. Né Egli la sollecitò, né l'avrebbe accettata. Ferito in combattimento poteva salvarsi, e non volle! Prima di cadere prigioniero, poteva sopprimersi, e non volle! Poteva chiedere di essere giustiziato in un altro modo, meno barbaro. Non volle. Ma quale idea lo esaltava, quale forza lo sosteneva? A suggello di quale apostolato lui sorrideva tranquillo al patibolo? Il Cristianesimo, che ha visto in questa guerra il fallimento del precetto evangelico della fraternità fra tutti gli uomini, non ha dato al mondo nessuno dei suoi adepti che abbia avuto il coraggio di un gesto di negazione e di rivolta. Il socialismo meno ancora. Queste idee non hanno spinto nessuno al sacrificio. Hanno subito la tempesta in stato di rassegnazione e di impotenza. Nessun cristiano, nessun socialista è andato alla morte in nome del cristianesimo e del socialismo. Spettacolosa aridità, morale e storica, del misticismo cattolicizzato e del materialismo storico dogmatizzato. Un'idea è al tramonto, quando non trova più nessuno capace di difenderla anche a prezzo della vita. Cesare Battisti non è morto nel nome del cristianesimo o in nome del socialismo qual è comunemente inteso e praticato: è morto in nome della Patria. L'internazionalismo degli ultimi cinquant'anni di storia europea aveva ormai cacciato fra le anticaglie ideologiche la nozione di Patria. Il socialismo tedesco aveva dilatata artificiosamente la classe al disopra delle frontiere e non era che una manovra pangermanista. Ma la patria viveva. Quando nell'agosto del 1914 la Germania iniziò la sua impresa di saccheggio e di crimini le patrie minacciate si raccolsero in se stesse, tesero tutte le loro energie, centuplicarono la loro capacità di lotta; milioni di uomini, che avevano creduto e giurato nella classe, andarono ai confini; la classe fu sommersa nella Nazione, la Patria tornò ad essere una realtà insopprimibile ed eterna. Non si spiega diversamente il fatto che milioni di uomini siano corsi a combattere e a morire, se non spinti da qualche cosa di superiore, che ha fatto tacere tutte le altre voci, tutti gli altri interessi, tutti gli altri amori, tutti gli altri istinti, compreso quello primordiale della conservazione. Non basta un regolamento di disciplina o un articolo del Codice Militare a determinare un fenomeno così grandioso! E l'idea di Patria che ha avuto i suoi soldati e i suoi martiri, la sua consacrazione di sangue, il suo suggello di gloria. Guglielmo Oberdan offerse all'Italia la sua giovinezza per dare all'Italia Trieste. Cesare Battisti, dopo venticinque anni, rinuncia con ferreo stoicismo, alla sua forte virilità per dare Trento all'Italia. Ora o non più. Cogliere l'attimo storico, o morire. Ma dalle Alpi bianche di neve e vermiglie di sangue, dalle rive dell'Isonzo che assiste alla rinascita dell'Italia, dalle pietraie orride del Carso, dal petto dei vivi, dalle fosse innumerevoli dei morti, il grido di Cesare Battisti è stato udito, è stato raccolto, è diventato battaglia. Ora o non più .... Il tragico dilemma è inciso a caratteri indelebili nel cuore del popolo italiano .... La forca di Battisti come la Croce del Golgota è alta sull'orizzonte, mentre tutto intorno la tempesta infuria. Ma il sereno verrà. Già qualche spiraglio di azzurro s'intravede tra le nuvole. Il meriggio solatìo non è lontano. Presto, le nuove generazioni d'Italia andranno al Colle di San Giusto e al Castello di Trento per compiervi il rito della ricordanza e della purificazione".

4. continua

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