LA LETTERA DI RALLO

[da ITALIANI IN BULGARIA numero 23 del 30 luglio 1998]

Cari redattori,

anche stavolta ho ricevuto del No. 22 la copia. E ringrazio perché mi fece piacere aprire la busta. Però protesto. Per il contenuto.

Troppa serietà in economia, in politica e nei richiami storici (da Leonardo a Roncalli: infine si tratta solo di nomi di strade!) E dato il contenuto definisco arido il No. 22.

Dunque non c’è altro da raccontare? Della vita quotidiana in Bulgaria, per esempio. Quali sono i locali di divertimento dove non si rischia la vita?

Perché non si parla dei piani di evacuazione degli italiani in caso di scoppio di una nuova guerra nei Balcani (aerei, elicotteri, via mare?)

E se quando arriviamo in Italia ci scambiano per albanesi e ci affondano? Vi rendete conto che il ricupero della nave costerà altri 100 miliardi? Costo per cadavere 1.3 miliardi! Non era meglio dare quei soldi alle famiglie albanesi e dichiararci colpevoli? Meno politica ed opera benefica.

Ma gli italiani non sono pragmatici per nulla. Gli americani del Cermis ci hanno insegnato come si fa. Miliardi 250 di investimenti e tante scuse. I morti sono morti!

Perché non dite dove sono i rifugi antiatomici nel caso di scoppio della centrale di Kozloduy? L’ambasciata d’Italia ha il suo rifugio antiatomico o no? E noi potremmo andarci, anche dopo l’orario di apertura dell’ambasciata?

Dobrich: e così tutti gli investitori italiani si stabiliscono a Dobrich, tutti insieme. Ma non sarà mica un ghetto! E poi ho capito che i finanziamenti saranno molto facili. E investimenti senza finanziamenti ci saranno?

Overland 3: sacrosanta pubblicità dell’Iveco avente lo scopo di aiutare l’Unicef raccogliendo fondi durante i viaggi nei paesi più affamati del mondo. Ma si sono portati dietro la cassaforte?

E poi ancora Violante. Costui imperversa in Italia ed insegna sempre qualcosa (prima comunista, ora non più), ma sempre come professore, mai come studente della facoltà di umiltà ideologica cui stiamo studiando noi.

Quella della Malpensa è una questione tipicamente bulgara, ma agli italiani in Bulgaria non interessa per niente.

L’unico argomento umano è il Ricasoli. Ma non date l’indirizzo e nessuna speranza di berne insieme. Cari amici della redazione io cerco di provocarvi a rileggere il Carpe diem. Ciao!

Mario Rallo, Sofia

LA BULGARIA E’ ENTRATA NEL CEFTA

[da ITALIANI IN BULGARIA numero 23 del 30 luglio 1998]

IL 17 LUGLIO la Bulgaria è stata ammessa nel Cefta, l’accordo di libero commercio tra i paesi dell’europa centrale di cui facevano già parte Repubblica ceca, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. I dazi doganali su tutti i beni industriali saranno annullati entro il 2001, in modo progressivo per i prodotti agricoli e alimentari, divisi in tre categorie più o meno “delicate”: per alcuni i dazi spariranno già l’anno prossimo (bestiame vivo, grano, pesce in scatola, fiori, agrumi, spezie, piselli, peperoni); in una seconda categoria ci sono vegetali come cavoli, carote, lettuga, e la carne in scatola insieme ad alcuni prodotti caseari; un terzo gruppo di merci definito più “sensibile” continuerà a soffrire di quote tariffarie: salumi, formaggi, mele, uva, pomodori, uova, birra, sigarette e tabacco in genere. Ulteriori riduzioni dei dazi doganali saranno possibili se soggette ad un altro round di negoziati. Il governo spera che l’entrata nel Cefta non significhi solo un aumento del 30% della bilancia commerciale, ma anche che questo evento costituisca il primo grande passo verso l’ammissione nell’Unione europea.

MA CHI ERA VITO POSITANO?

[da ITALIANI IN BULGARIA numero 22 del 16 luglio 1998]

Per curiosità abbiamo esaminato la toponomastica di Sofia per individuare le vie o piazze con nomi italiani e ne abbiamo contate quattro. Oltre alla via Leonardo da Vinci e alla piazza Garibaldi, personaggi che non hanno bisogno di presentazioni, c’è una via Angelo Roncalli perché il futuro papa fu nunzio apostolico in Bulgaria, e una interessante via Postano. Ma non si tratta della bella cittadina sulla costiera amalfitana. Vito Postano fu un diplomatico italiano del secolo scorso, funzionario consolare nell’isola di Corfù, nell’impero ottomano, in Algeria e altri paesi. Nel periodo 1876-79 fu vice-console a Sofia e durante la guerra di liberazione russo-turca, insieme ai colleghi francese e austro-ungarico, rifiuta di lasciare la città con tutti gli stranieri come esigeva il comandante Osman Nuri Pasha. In questa maniera evita che venga totalmente messa a fuoco la città, e organizza perfino una piccola brigata di pompieri per spegnere gli occasionali incendi. Postano organizza anche delle truppe per combattere i rimanenti turchi, e perciò fu premiato con una medaglia dal comandante russo e, il 20 dicembre 1878, nominato cittadino onorario di Sofia.

MALPENSA: A TICKET TO NOWHERE

[da ITALIANI IN BULGARIA numero 22 del 16 luglio 1998]

[articolo di Andrea Bonanni del Corsera pubblicato il 29 giugno 1998 su Italy Today, supplemento del quotidiano globale International Herald Tribune]

Nel 1839 i borboni, che non erano precisamente un modello di efficienza amministrativa e soprattutto non ambivano ad “entrare in Europa”, impiegarono poco più di un anno a costruire la prima ferrovia italiana, che collegò Napoli a Portici. Un secolo e mezzo più tardi non sono bastati 13 anni per finire i 50 km di collegamento ferroviario tra Milano e l’avveniristico aeroporto di Malpensa 2000, un progetto lanciato nel 1985 dal governo di Craxi. Così adesso per l’insipienza di campanilistiche dispute di bottega tra Roma e Milano, la Commissione europea ha deciso di vietare il trasferimento in blocco dei voli da Linate al nuovo scalo, previsto per il 25 ottobre prossimo da un decreto del ministro dei trasporti Burlando.

Non si può aprire un grande scalo internazionale da 24 milioni di passeggeri all’anno senza uno straccio di metropolitana che lo colleghi alla città che deve servire, senza una rete autostradale adeguata e un sistema di trasporti pubblici efficiente, dice in sostanza Brussels. Il fatto che queste ovvietà ce le debbano spiegare da Brussels è, oltre che dannoso, francamente umiliante. C’è voluta una telefonata di Prodi al commissario europeo dei trasporti, Neil Kinnock, per convincerlo a cercare una soluzione amichevole per un trasferimento graduale dei voli da Linate a Malpensa, trasferimento che verosimilmente prenderà qualche anno, visto che il completamento delle strutture di trasporto, stando al documento della Commissione, non sarà terminato prima del 2003-2005.

Il progetto Malpensa 2000, costato 2.000 miliardi oltre a mille per i collegamenti, è uno dei rari investimenti infrastrutturali italiani in grado di aumentare la nostra competitività economica sul mercato europeo in un momento in cui la moneta unica rende più feroce la concorrenza tra i sistemi-paese. Nel documento approvato dai capi di governo dell’Unione al vertice di Corfù del 1994 si dice che il nuovo aeroporto “creerà direttamente 6.000 posti di lavoro permanenti, mentre l’impatto indiretto è stimato in 12-18mila occupati” e che perciò costituirà “un fattore essenziale per il futuro progresso economico”. Perciò fu inserito tra i grandi progetti prioritari dell’Unione e finanziato dalla Banca europea degli investimenti. Ma nello stesso documento si scrive che “il collegamento ferroviario previsto tra l’aeroporto e il centro città consentirà tempi di percorso relativamente brevi” e che “l’interconnessione di modi di trasporto terrestri (treno ad alta velocità, ferrovia tradizionale, trasporto combinato su strada) e modi di trasporto aerei” creerà “catene di trasporto altamente efficienti per i passeggeri e le merci”.

Per l’ennesima volta gli europei ci avevano presi sul serio. Invece, secondo il decreto Burlando, Malpensa 2000 dovrebbe entrare in funzione senza una ferrovia rapida che la colleghi a Milano, con un unico raccordo autostradale già ipercongestionato e su cui si prevede, solo adesso, di aprire i lavori per una corsia di emergenza a partire da ottobre. Così anche il super-aeroporto rischia di aggiungersi al triste elenco delle occasioni perdute e delle inutili cattedrali nel deserto che caratterizza la storia della pubblica amministrazione italiana. E a questo forse col tempo si potrà rimediare, ma va anche ad allungare la lista delle promesse mancate, degli impegni non mantenuti sul tavolo europeo: questo ennesimo colpo alla nostra credibilità possiamo solo incassarlo e stare zitti. Certamente adesso qualcuno dirà che la Commissione, bloccando il big bang di Malpensa 2000, fa gli interessi dei grandi aeroporti tedeschi e francesi che avrebbero sofferto della concorrenza del nuovo super-scalo milanese. Ma la responsabilità della schizofrenia italiana non è di Parigi, né di Bonn e neppure di Brussels. E’ nostra. Un grande aeroporto senza collegamenti non è Europa. Un’infrastruttura che moltiplica costi e disagi per gli utenti non è Europa. Una ferrovia che in 13 anni non riesce a coprire 50 chilometri non è Europa. Che bello se non fosse neppure Italia. Invece purtroppo lo è.

IL VIOLANTE ALLUCINANTE

[da ITALIANI IN BULGARIA numero 22 del 16 luglio 1998]

Davvero non si capisce che cosa diavolo abbia spinto il presidente della Camera dei deputati a formulare dichiarazioni tanto avventate durante la sua visita in Bulgaria e prendere sostanzialmente parte nella lotta di potere tra il governo e la magistratura bulgara dando in pratica del fascista al procuratore capo Tatarchev, con grande gioia del suo antagonista, il ministro dell’interno Bonev.

Scrive il quotidiano filo-governativo Standart: Il sistema bulgaro della procuratura è simile a quello in Italia prima del 1944. Durante il fascismo le cause venivano iniziate e completate dalla procuratura, e così nelle sue mani era concentrato un potere straordinariamente grande. Questo ha dichiarato ieri Luciano Violante nei suoi incontri con Ivan Kostov e Vassil Gotsev. Violante ha sottolineato che vede intenzioni molto buone nel progetto di cambiamenti nella legge sul potere giudiziario. In Italia solo i giudici costituzionali hanno l’immunità, ha aggiunto Violante, gli altri no. Kostov e Violante si sono anche accordati per continuare la loro cooperazione nella lotta contro la corruzione e il riciclaggio di denaro sporco, ha detto Violante. L’esperienza italiana indica che il mondo criminale si adatta velocemente e quindi bisogna cambiare continuamente i mezzi con i quali lottare. Nell’incontro con il presidente del parlamento Sokolov, Violante ha proposto un incontro per il corridoio numero 8 fra i paesi interessati. Tutti e quattro i paesi sono molto interessati a completare questo progetto, ha risposto Sokolov.

Il giornale ufficiale del governo, Demokratsia, riporta un articolo uguale e contrario, nel senso che comincia con Sokolov per finire con Violante scrivendo le stesse cose, ma nell’edizione del giorno dopo attacca nuovamente Tatarchev usando la foto di Violante ed evidenziando così la sua dichiarazione: Violante, presidente della Camera dei deputati italiana: “Il sistema bulgaro della procuratura è simile a quello che operava in Italia ai tempi di Mussolini”. Il giornale comunista Duma stende un velo pietoso sulle dichiarazioni del compagno di partito italiano, con due colonnine che scrivono solo del corridoio di trasporti numero 8 e dell’incontro con la commissione antimafia.

Ai giornali-fotocopia Trud e 24 Chasa, i due quotidiani più diffusi e di proprietà dello stesso gruppo editoriale tedesco, si è associato per l’occasione anche l’altrettanto provinciale Novinar, con degli articoli pressoché identici, per cui abbiamo tradotto solo il Trud: “La mafia povera è una mafia debole”. E’ questa la formula del governo italiano nella lotta alla criminalità organizzata e la corruzione. L’ha detto ieri il presidente della Camera dei deputati italiana Luciano Violante durante la sua visita in Bulgaria in un incontro con il presidente del parlamento bulgaro Sokolov, i membri della commissione parlamentare antimafia ed il ministro della giustizia Gotsev. Violante ha appoggiato assolutamente l’opinione che debba essere creata una polizia finanziaria perché questa limita le opportunità economiche della criminalità organizzata. Il ministro Vassil Gotsev gli ha presentato dei progetti per la ristrutturazione del sistema giudiziario. Secondo Violante la procuratura bulgara assomiglia a quella italiana prima del 1945, quando un grande potere era concentrato nelle mani del procuratore, ed ha proposto anche che venga organizzato in Italia un incontro dei presidenti dei parlamenti di Italia, Albania, Macedonia e Bulgaria, paesi i quali sono interessati alla più rapida costruzione del corridoio numero 8. Violante ha avuto incontri anche con il premier Kostov e il presidente Stoyanov.

UN “TEDESCO” ITALO-BULGARO

[da ITALIANI IN BULGARIA numero 22 del 16 luglio 1998]

ILIA NEMSKY, il fondatore e amministratore della società View responsabile del progetto di parco industriale “italiano” a Dobrich è un altro businessman atipico che ci presentiamo in questa rubrica di profili. Ma perché “tedesco”? Pensate: non solo il cognome del padre significa questo in bulgaro, ma anche la madre, vicentina, di cognome fa Todesco! Così quando i due si incontrano in Italia (Nemsky senior si laureò in ingegneria navale a Padova) è inevitabile che si uniscano per prolificare il nostro eroe a Pazardzhik il 12 giugno 1940, due giorni dopo l’entra in guerra. Sull’orologio della storia scocca quindi anche l’ora di Ilia, che cresce fino a laurearsi in ingegneria civile a Sofia nel 1963. Con questa qualifica lavora per ditte statali in Bulgaria fino al 1980, anno nel quale si trasferisce in Italia e, assunto dalla Maltauro di Vicenza, percorre con successo tutte le tappe della carriera interna fino all’incarico di direttore tecnico, seguendo importanti lavori come il mercato dei fiori di Sanremo, la fiera di Vicenza, la Banca del Friuli, l’area industriale Granzotto, sempre a Vicenza, il centro commerciale di San Sepolcro, lo stabilimento Alluminia della Montedison a Marghera e perfino tre unità del parco divertimenti Eurodisney di Parigi. Nel 1993 rientra in Bulgaria per riavviare l’attività imprenditoriale del padre, che fu costretto alla chiusura durante il regime, e costituisce la società Miele, joint-venture con la Rigoni e la Neri di Asiago per la lavorazione del miele. Questa attività valorizza le risorse agro-alimentari bulgare coinvolgendo oltre 3.500 produttori locali nell’applicare le normative europee di produzione biologica di frutta di bosco e succo concentrato di mela, fino a conseguire il riconoscimento degli standard di qualità kasher, una normativa particolarmente severa richiesta dalle organizzazioni religiose ebraiche. Oggi Nemsky si pone l’obiettivo di offrire l’esperienza maturata a favore delle attività produttive in Bulgaria mediante la promozione di investimenti di imprenditori stranieri nel paese, e in virtù delle vicissitudini storiche vissute è particolarmente sensibile allo sviluppo delle relazioni economiche e culturali italo-bulgare.

INVESTIMENTI, COLLABORAZIONE INDUSTRIALE E PRIVATIZZAZIONE

[da ITALIANI IN BULGARIA numero 22 del 16 luglio 1998]

Come annunciato nel numero precedente, una decina di ditte italiane e numerosi potenziali partner bulgari hanno preso parte il 7 luglio scorso nell’hotel Kempinski-Zografski di Sofia all’iniziativa dell’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), iniziativa salutata dall’ambasciatore d’Italia nel suo discorso di apertura dei lavori come un importante passo in avanti nelle relazioni tra i due paesi. Troise ha anche anticipato che tra il 14 e il 16 luglio si terranno a Roma degli incontri con l’International financial corporation (un istituto della Banca mondiale) per esaminare dei progetti di piccole e medie imprese italiane nei paesi dell’europa centro-orientale, compresa la Bulgaria. E’ seguito l’intervento dell’organizzatore del workshop, il direttore della sede locale dell’ICE Rocco Gioffrè, che ha illustrato ai partecipanti quelli che ha definito aspetti contraddittori dell’economia bulgara: quelli positivi come la stabilità derivante dal currency board, ma anche quelli negativi, riassumibili in quattro punti: una produzione industriale stagnante, un processo di privatizzazione lento e macchinoso, una legislazione poco chiara e un sistema bancario primitivo. Abbastanza per deprimere anche gli investitori più garibaldini, ma Gioffrè ha concluso presentando anche i vantaggi e gli incentivi: esenzione da tasse e dazi per l’importazione di macchinari (purché per un valore di almeno 100.000 dollari), esenzione del 10% per dieci anni per i progetti prioritari (ovvero investimenti per almeno 5 milioni di dollari, oppure crazione di almeno 100 nuovi posti di lavoro, oppure locazione delle attività in zone depresse con alto tasso di disoccupazione), e infine il basso costo della manodopera. L’Italia, ha informato Gioffrè, è solo al 18°-20° posto nella classifica degli investitori in Bulgaria, preceduta dalla Repubblica ceca e seguita dalla svezia, per cui secondo lui tra i temi del workshop riassunti nel titolo il vero fulcro è costituito dalla collaborazione industriale.

Poi ha parlato a lungo il vice-responsabile dell’Agenzia bulgara per gli investimenti stranieri, Vassilev, seguito dalla consigliera commerciale dell’ambasciata d’Italia Giuseppina Zarra sugli ampi spazi di collaborazione per joint-venture in molti settori e sull’ambizioso programma di privatizzazione. Zarra ha annunciato che la Finlombarda, scelta dal governo bulgaro come consulente per la privatizzazione del polo chimico, intenderebbe stabilirsi qui in modo permanente con un centro servizi, ed un altro centro servizi è in progetto tra l’Enea e l’Associazione degli industriali bulgari. Dopo essersi brevemente soffermata sui progetti infrastrutturali (di strade, fibre ottiche, gasdotti e l’ammodernamento dell’aeroporto di Sofia), Zarra ha concluso consigliando ai presenti di appoggiarsi a studi legali locali e consulenti internazionali con esperienza nel paese, citando la Meteco per conoscere da vicino i programmi di sviluppo del governo bulgaro. E’ quindi intervenuto il dottor Orlandini per spiegare che cos’è e cosa fa la Simest. Si tratta di una finanziaria di proprietà del ministero del commercio estero ed alcune banche italiane, con un capitale di circa 400 miliardi, creata nel 1990 dall’allora ministro Ruggiero e recentemente riformata per poter partecipare fino al 25% del capitale sociale di iniziative imprenditoriali italiane (o comunque di aziende di altri paesi UE purché controllate da italiani) in paesi non-UE, con obbligo di riscatto entro otto anni ma senza più l’obbligo di avere un partner locale. La Simest può finanziare direttamente anche il 25% del piano finanziario complessivo, e andare oltre questa quota nel caso di società strumentali ai suoi scopi (Orlandini ha citato l’esempio del leasing).

Un breve intervallo e i lavori del workshop sono ripresi con l’intervento del dottor Campana della Mediotrade, il braccio del Mediocredito centrale (istituto interamente posseduto dal ministero del tesoro) che si occupa del credito alle piccole e medie imprese nei paesi dove occorrono operazioni finanziarie non tradizionali attraverso tre principali strumenti: il trading, ovvero l’identificazione di mercati per i prodotti italiani e/o di mercati terzi se l’azienda produce all’estero; il forfeiting, ovvero il pagamento dilazionato con promissory notes (cambiali internazionali) che possono vendersi sui mercati internazionali, col vantaggio che l’importatore paga dopo ma l’esportatore è pagato subito in contanti; e infine il countertrade, che altro non è che la più antica forma di scambi commerciali: il baratto. Si sono poi succeduti gli interventi di altri delegati italiani e titolari bulgari dei progetti proposti. Tra gli interventi più significativi si sono segnalati quelli di Nemski della società View, del consigliere commerciale bulgaro a Milano, Konstantin Madzharov, e dei rappresentanti della ditta ligure Co.i.m.i.t., che occupandosi di marketing internazionale e tecnologie industriali è presente in Bulgaria nei settori della gomma, della conceria, delle calzature, dell’industria alimentare (vino) e dell’industria leggera in generale. Altre aziende italiane presenti: il distillatore Stock di Trieste, la Restelli import-export di Varese (packaging), la ferrarese F.T.C. Finotelli (macchine per l’industria cartaria), la romana I.B.O., Luion abbigliamento di Milano e l’industria tessile G.T. di Reggio Emilia.

NUOVA ZONA INDUSTRIALE TUTTA ITALIANA A DOBRICH

[da ITALIANI IN BULGARIA numero 22 del 16 luglio 1998]

E’ questa la principale novità emersa dal workshop organizzato dall’ICE il 7 luglio scorso in un albergo della capitale. La joint-venture italo-bulgara View ha infatti acquisito un’area di oltre 50mila metri quadrati, di cui la metà coperti, di un complesso industriale dimesso nella città dobrugiana vicina a porto e aeroporto di Varna, e ora lo sta ristrutturando per renderlo adatto ad ospitare più attività produttive di imprenditori italiani che intendono usufruire dei vantaggi di produrre in questo luogo. Il complesso immobiliare è insediato a ridosso della città ed offre tutti i servizi, compresi una mensa con cucina italiana ed un residence con appartamenti arredati con il gusto italiano per i dirigenti stranieri. Gli spazi produttivi disponibili variano da 220 metri quadrati ad un massimo di 7.000 su un unico piano, per un totale che potrebbe potenzialmente ospitare fino a 25 aziende.

Puntare sui paesi dell’est europeo realizzando e mettendo a disposizione aree industriali attrezzate, capaci di attrarre investimenti stranieri, offrire servizi alla produzione a favore soprattutto dell’imprenditoria italiana: questa la strategia seguita dalla Alpina immobiliare, una società di Asiago (Vicenza) specializzata nell’edilizia residenziale e produttiva. Una strategia del tutto innovativa, se si considera che questa ditta è la prima entità economica italiana che investe risorse per creare i presupposti per insediamenti produttivi nell’europa orientale. Cogliere l’importanza di una scelta ricca di potenzialità sia per il tessuto economico dei paesi ex comunisti che per le imprese di casa nostra è stato il merito di Valentino Barbierato, titolare della Alpina immobiliare. Barbierato ha già vinto una gara internazionale della Banca europea di ricostruzione e sviluppo per la realizzazione di un “parco industriale” a Durazzo: un’area destinata a diventare la prima zona franca albanese. Uno strumento di sviluppo, quello del parco industriale, sviluppato ora anche in altri paesi, come Romania e Bulgaria.

E proprio in Bulgaria è stato raggiunto un risultato particolarmente significativo: la costituzione di joint-venture con partner locali per la realizzazione di una grande e attrezzata zona industriale a Dobrich, vicino a Varna. Si tratta di un’area di 55mila metri quadrati dove in passato era insediato un complesso produttivo che non aveva mai raggiunto un buon livello di notorietà oltre che di rendimento, e che ormai da anni era lasciato in stato di abbandono. L’operazione consiste innanzitutto nell’acquisto dell’area industriale e della sistemazione dei capannoni, da dare poi in affitto alle imprese straniere che decidono di avviare un’attività, spiega Ilario Fantuzzi (che per l’Alpina immobiliare ha seguito l’accordo ed ha partecipato alla missione economica di Prodi nel febbraio scorso), aggiungendo che l’operazione prevede anche l’offerta di tutta una serie di servizi: dalle infrastrutture ai servizi societari e amministrativi, dalla logistica al trasporto, dai finanziamenti alla partecipazione al capitale sociale della joint-venture e al reperimento del personale. Insomma l’obiettivo è quello di consentire alle imprese che si insedieranno di poter concentrarsi sulla produzione senza dover fare i conti con certe diseconomie esterne altrimenti penalizzanti. Per la Bulgaria l’Italia è un partner economico con una importante realtà di scambi commerciali, specialmente l’importazione in conto lavorazione nei settori tessile, delle calzature e dell’abbigliamento.